Dio raduna coloro che sono morti
1 Tessalonicesi 4, 13-18  | Paolo, dopo aver esortato i Tessalonicesi a comportarsi in maniera degna della vocazione che hanno ricevuto, parla del destino dei defunti. Non è bene restare nell’incertezza come lo sono coloro che non credono. Evidentemente c’era un clima di tristezza che appannava la speranza dei Tessalonicesi. Paolo li esorta a nuovi sentimenti: come non ci rattristiamo per la nostra morte perché sappiamo che risorgeremo, così non dobbiamo “affliggerci” per coloro che sono già morti. Anch’essi risorgeranno. Il dolore per la morte dei nostri cari non deve lasciarci nella disperazione. La speranza cristiana non si fonda su teorie filosofiche, ma sulla certezza della risurrezione di Gesù. È quanto ci hanno trasmesso gli apostoli nella predicazione dopo esserne stati testimoni: “colui che era morto” viveva in mezzo a loro realmente, in carne ed ossa, sebbene in maniera spirituale. Tutto ciò non fa parte della natura e vi si accede solo per fede. Dal…
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La vigilanza nell’attesa della venuta del Signore
1Tessalonicesi 5,1-6.9-11 | Paolo vuole mettere in guardia i tessalonicesi dall’ansia di conoscere e calcolare giorno e ora della venuta di Gesù. Egli «verrà come un ladro di notte». Del resto, lo stesso Gesù aveva avvertito i discepoli: «Se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa» (Lc 12,39). Il ladro, purtroppo, arriva sempre inatteso. Così anche sarà della venuta di Cristo. L’unica certezza che abbiamo sull’ultimo giorno è che verrà improvvisamente e inaspettato. Per questo è necessario vegliare «tutta la notte». Per coloro che vivono senza darsene pensiero, in «pace e sicurezza», il giorno del Signore verrà all’improvviso e si rovescerà su di loro come una rovina, una grande rovina senza possibilità di scampo. A molti succederà come a quel ricco stolto che disse a se stesso: «Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!» (cfr. Lc 12,16-20). L’apostolo…
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Ringraziamento al Signore
Colossesi 1,1-8 | Paolo scrive la Lettera ai Colossesi mentre lui è prigioniero e ringrazia Dio “continuamente” per la fede dei cristiani di Colossi. Ha sentito parlare della vitalità della comunità e ne sintetizza la vita attorno ai tre pilastri che la sostengono: la fede, la carità e la speranza. Il primo è la «fede in Cristo Gesù», ossia l’accoglienza di Gesù come il vero bene e l’unico Signore e salvatore. Il secondo è la carità, ossia l’amore che il discepolo riceve da Cristo e che lo spinge a considerare gli altri come fratelli, come membri dell’unica famiglia di Dio, eliminando così ogni confine all’amore evangelico perché sia fermento di unità nel mondo intero. Il terzo è la speranza che, per l’apostolo, è il termine finale dell’unità di tutti. Tale meta finale, già presente nel risorto, è ciò che sostiene la fede e che spinge a mantenere vivo l’amore fraterno. Il credente, che mediante il battesimo viene immerso nel mistero di Cristo…
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Preghiera per la comunità
Colossesi 1,9-14 | Paolo non ha fondato e non conosce personalmente la Chiesa di Colossi, ma l’amore che ha per loro lo spinge a pregare senza interruzione: «Non cessiamo di pregare» scrive loro. La preghiera per i fratelli manifesta la profondità del legame che unisce i discepoli di Gesù anche se sono lontani nello spazio. Paolo specifica anche l’intenzione della preghiera: perché «abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale». L’apostolo sa bene che non si può vivere la fede senza ascoltare la Parola di Dio ogni giorno. Solo così si ha la «sapienza» e l’«intelligenza spirituale» che permettono di conoscere quale sia la volontà di Dio. La conoscenza del Vangelo non è una somma di teorie, ma l’accoglienza nel proprio cuore del disegno di amore che Dio ha per noi e per il mondo. È questa la conoscenza spirituale da conquistare. E la si ottiene accogliendo lo Spirito che, attraverso le Sante Scritture, rivela la…
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Inno a Cristo, Signore dell’universo
Colossesi 1,15-20 | Paolo per avvertire i Colossesi a non rassegnarsi al potere delle potenze oscure del mondo compone l’inno cristologico. Parla anzitutto della preesistenza e superiorità di Cristo su tutto il creato, incluse le schiere delle potenze cosmiche, ossia ogni potenza immateriale. Queste ultime non hanno più la forza per competere con Cristo, unica vera risposta alle inquietudini dell’uomo. L’apostolo, affermando che il Figlio è «immagine del Dio invisibile» e «primogenito di tutta la creazione», non vuol dire solo che è la prima e la più importante tra le creature, ma che ha la preminenza sull’intera creazione. Nel Figlio tutto il creato, comprese le realtà invisibili – che l’apostolo elenca singolarmente – trova consistenza, ragione e senso. Il Figlio è all’origine e alla fine della storia che culmina nella risurrezione di Gesù, l’evento centrale che rende nuove tutte le cose. L’apostolo chiarisce così cosa significa per i cristiani…
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La riconciliazione
Colossesi 1,21-23 |  La riconciliazione tra le creature non è una dottrina astratta, è una realtà che si è realizzata a partire da Gesù. E la comunità cristiana è il luogo dove tale riconciliazione si rende visibile fin dall’inizio. Paolo lo scrive ai cristiani di Colossi esortandoli a non dimenticare la loro condizione prima della conversione, quando cioè erano estranei gli uni agli altri e, come barbari, erano attaccati al culto degli idoli vivendo lontani dal popolo dell’Alleanza e dunque da Dio. L’apostolo esorta i Colossesi perché comprendano la novità radicale che il Vangelo porta nella vita dell’uomo. Si tratta di una vera e propria rinascita, che gli autori sacri non esitano a chiamare «nuova crea-zione». La salvezza portata dal Vangelo non è quindi una teoria filosofica fondata su ragionamenti astratti. Essa è radicata nella morte di una persona concreta, di un «corpo della sua carne»: Gesù. E dalla sua morte rinasce una vita nuova. Il Figlio,…
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XXIII del tempo ordinario
Sap 9,13-18; Sal 90 (89); Fm 9b-10.12-17; Lc 14,25-33 | Il Vangelo ci presenta Gesù che riprende il suo cammino verso Gerusalemme. L’evangelista fa supporre che Gesù stia avanti a tutti, come a guidare il cammino: i suoi occhi sono rivolti verso la meta, Gerusalemme. Ma ecco che ad un certo momento Gesù “si voltò” verso la numerosa folla che lo seguiva. Non si volta per un senso di compiacimento, ma per quella compassione che Gesù ha avuto sin dall’inizio sulle folle, come scrive Matteo: “vedendo le folle ne sentì compassione”(9, 36). E non cessa di «voltarsi» verso di esse, ancora oggi. Ogni volta che il Vangelo viene annunciato, soprattutto nella santa Liturgia, è il Signore che si volta verso di noi per parlarci. Oggi, memoria liturgica di san Gregorio Magno, sentiamo ancor più viva la responsabilità di ascoltare la Parola di Dio. Questo grande vescovo che ha guidato la Chiesa di Roma in un tempo particolarmente difficile ha saputo vivere e spiegare la Bibbia…
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Genealogia di Gesù
Matteo 1,1-16.18-23 | Oggi la Chiesa fa memoria della nascita di Maria. Nelle Chiese bizantine si dice di Maria che è la «terra del cielo», ossia il grembo offerto dall’umanità al Signore. La genealogia di Gesù sta a indicare in maniera sintetica l’attesa di tutta l’umanità della nascita del Figlio di Dio nel grembo di Maria. Gesù è dentro la storia degli uomini; fa parte delle nostre generazioni. L’evangelista riporta per intero la genealogia di «Gesù Cristo», ossia di Gesù il Messia, il Salvatore. Il testo aggiunge che Gesù è «figlio di Davide e figlio di Abramo». In lui si compie la pienezza della rivelazione biblica iniziata con Abramo, ma è dalla discendenza di Davide che Gesù è posto al centro della genealogia per sottolinearne la discendenza regale. Gesù, infatti, nasce da una donna ebrea, Maria, che Dio ha scelto come madre del suo Figlio. Il Vangelo poi sottolinea che la nascita di questo figlio avviene in modo straordinario, al di fuori della…
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Vivere secondo la fede nel Cristo
Colossesi 2,6-15 | L’apostolo non cessa di esortare i Colossesi a perseverare nella via intrapresa che hanno ricevuto dalla predica-zione. È dal Vangelo predicato infatti che sgorga la fede, ossia l’accoglienza della signoria di Cristo sulla propria vita. In effetti, ascoltare il Vangelo e accoglierlo nel cuore significa riconoscere la sovranità della Parola. E il credente è appunto colui che accoglie Cristo come suo Signore. Questa fede è il fondamento su cui si fonda e su cui cresce la comunità. Paolo per descrivere questa nuova appartenenza a Cristo paragona il battesimo alla circoncisione: i battezzati dismettono il vestito del «corpo di carne», cioè dell’«uomo vecchio» (cfr. 3,9) e ricevono «la circoncisione di Cristo». Il Padre, con la morte del Figlio, ha cancellato il nostro peccato e ci ha donato gratuitamente il perdono. Il debito che avevamo con Dio era incolmabile, ma con il battesimo ci è stato condonato. Si potrebbe dire che a noi non restava altro da…
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La vita nuova del discepolo
Colossesi 3,1-11 | Il discepolo, divenuto un «uomo nuovo», vive già nel mondo inaugurato dal Risorto. Ma guai a illudersi di essere al sicuro dalle insidie del peccato che, come nota la Genesi, è “accovacciato” davanti all’uscio della porta del cuore. Essere una nuova creatura richiede al discepolo di mettere in atto comportamenti conseguenti. Per questo Paolo ricorda ai Colossesi l’esigenza di fare morire «le cose della terra», ossia gli istinti che spingono a vivere per soddisfare solo se stessi. Paolo ne elenca alcuni, a partire dai disordini sessuali sino all’avidità, quali-ficata come idolatria. La sete insaziabile di possedere per sé, infatti, assorbe a tal punto le energie dell’uomo sino a portarlo alla sottomissione del cuore. La discepolanza richiede la lotta contro il peccato e l’impegno per la padronanza sui propri istinti. È un vero e proprio combattimento teso alla diminuzione del proprio orgoglio perché cresca la carità. È la via per realizzare…
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Il vincolo della carità
Colossesi 3,12-17 | L’apostolo chiama i cristiani «eletti, santi e amati» da Dio. I credenti, generati dall’amore di Dio, sono stati messi da parte per appartenere a lui e godere della sua amicizia come figli prediletti. E se Cristo, l’immagine perfetta di Dio, è diventato il tutto della vita del credente, quest’ultimo deve far suo il comportamento di Cristo e diventare sempre più simile a lui. Non a caso le cinque virtù indicate dall’apostolo all’inizio di questo passaggio (v. 12) richiamano l’agire stesso di Dio e di Cristo verso Israele. Su due atteggiamenti insiste l’apostolo: la sopportazione reciproca e il perdono. Si potrebbe dire che l’amore sopporta e perdona perché il suo obiettivo è la comunione tra i fratelli e l’unità della comunità. Per l’apostolo l’amore, più che una virtù, è lo spirito stesso di Dio che viene riversato nel cuore dal credente. Paolo prende l’immagine del vestito e chiede ai cristiani di stendere l’amore di Dio…
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Paolo di fronte alla sua vocazione
1 Timoteo 1,1-2.12-14 | Paolo, richiamando la missione affidatagli di predicare il Vangelo, ricorda il momento in cui il Signore gli è venuto incontro sulla via di Damasco. E lo ringrazia per la grande bontà e misericordia perché lo ha chiamato mentre era «un bestemmiatore, un persecutore e un violento». Paolo si chiede come Dio abbia potuto sceglierlo, malgrado tutto ciò. E vive come un miracolo l’essere stato giudicato degno di servire il Vangelo. Paolo sa che l’unica ragione della sua missione viene dall’alto: «Mi è stata usata misericordia». Come è, peraltro, per ogni discepolo. Paolo, in ogni caso, non giustifica la vita passata a motivo della sua ignoranza del Vangelo. Riconosce che si era lasciato guidare dalla forza cieca del male che porta sempre alla violenza ingiustificata e ingiustificabile. E per questo è ancora più grande la sua gratitudine a Dio per il dono ricevuto «in misura sovrabbondante». Da quel momento l’apostolo vive una nuova vita in…
Paolo di fronte alla sua vocazione
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Paolo scelto dal Signore perché evangelizzi
1Timoteo 1,15-17 | Paolo, dopo aver ringraziato il Signore per la grande bontà e misericordia per averlo chiamato mentre era «un bestemmiatore, un persecutore e un violento», si chiede come lo abbia potuto scegliere per servire il Vangelo. E al discepolo Timoteo scrive che lui vive questo come un miracolo. Sa bene perciò che l’unica ragione della sua missione viene dall’alto: «Mi è stata usata misericordia». Come è, peraltro, per ogni discepolo. Paolo, in ogni caso, non giustifica la vita passata con la sua ignoranza del Vangelo. Riconosce che si era lasciato guidare dalla forza cieca del male che porta sempre alla violenza ingiustificata e ingiustificabile. Per questo è ancora più gran-de la sua gratitudine a Dio per il dono ricevuto in misura sovrabbondante. Ora l’apostolo vive una nuova vita in comunione con Cristo, da cui attinge la forza della fede e l’urgenza della carità. Non dimentica la vita passata, che ha ormai rinnegato, ma il ricordo del suo passato…
Paolo scelto dal Signore perché evangelizzi
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Festa dell’Esaltazione della Croce
Nm 21,4b-9; Sal 78(77); Fil 2,6-11; Gv 3,13-17 | Questa festa ricorda il 14 settembre del 335, quando una folla numerosa di fedeli si raccolse a Gerusalemme per la dedicazione della basilica del Santo Sepolcro restaurata da Costantino nella quale si ricordava anche il ritrovamento del legno della croce. La festa è celebrata da tutte le Chiese, sia d’Oriente che d’Occidente. In ogni parte della terra è necessario “esaltare” la croce, proprio perché Gesù fu innalzato su di essa per la salvezza di tutti gli uomini. Nella Liturgia bizantina celebrazione il celebrante alza la croce mostrandola verso i quattro punti cardinali per indicare l’universalità della salvezza. Il libro dei Numeri ci ricorda la vicenda occorsa al popolo d’Israele mentre era nel deserto, quando molti morirono per il morso di serpenti velenosi. Tale vicenda non è estranea alla condizione di tanti popoli di oggi. Di serpenti velenosi se ne aggirano molti anche nel nostro mondo e spesso sono gli stessi…
Festa dell’Esaltazione della Croce
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Gesù e sua madre
Giovanni 19,25-27 | Subito dopo la festa dell’Esaltazione della Croce, la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata. Il Vangelo di Giovanni, in poche righe, ci narra lo straordinario mistero della presenza di Maria, addolorata per la morte del figlio, che gli resta accanto e riceve da lui una nuova missione. Forse in quelle ore Maria tornò con la mente all’incontro con Simeone e comprese fino in fondo le parole che le aveva rivolto: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,33-35). La passione di Gesù, segnata dalla violenza e dal tradimento sino alla croce, aveva già il germe della vita risorta. Dall’alto della croce, infatti, Gesù non chiede consolazione per sé, come avremmo fatto noi, non invoca compassione per sé. Egli – e ci offre così un esempio di immenso amore – si…
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I vescovi e i diaconi
1Timoteo 3,1-13 | Dopo aver parlato della preghiera comune, l’apostolo richiama l’attenzione di Timoteo alla cura nella scelta dei responsabili della comunità. E inizia parlando del «vescovo» (letteralmente “colui che sorveglia”). Il vescovo, infatti, è chiamato a stare in mezzo ai discepoli «come colui che serve», appunto, come Gesù si mostrò nell’ultima cena. La presenza di questo ministero non diminuisce la responsabilità che ciascun discepolo ha per la vita dei fratelli. Lo richiede lo spirito di fraternità che deve regnare nella comunità. Al «vescovo» è chiesto, proprio per la sua funzione di guida, di essere cosciente della sua responsabilità. L’autorità nella Chiesa si fonda anzitutto sull’esemplarità della vita: da essa emana l’autorevolezza di chi deve guidare i fratelli. Per questo l’apostolo chiede che il «vescovo» sia «marito di una sola donna», come a voler sottolineare la fedeltà a un uni-co legame. Sia inoltre moderato, dimostrando…
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La Chiesa e il mistero della pietà
1Timoteo 3,14-16 | La cura per le comunità è un pensiero costante dell’apostolo; non lo abbandona mai, anche se fisicamente è lontano da esse. Scrivendo a Timoteo, Paolo pensa anche alle tante comunità dell’Asia Minore; si preoccupa che siano salde e non corrano il pericolo di essere riassorbite dal mondo. Scrive perciò che la Chiesa è «colonna e sostegno della verità», perché posta da Dio in questo mondo come un fondamento sul quale poggia, visibile a tutti gli uomini, la rivelazione di Dio. Il centro di questa verità rivelata è il «mistero della vera religiosità», ossia la persona stessa di Gesù Cristo, il misericordioso, il mite e umile di cuore. Paolo in sei brevi versetti canta questo mistero di pietà, che forse è un inno cantato nella liturgia della Chiesa del tempo. Il mistero di Cristo viene rappresentato in tre coppie di opposti. La prima, «carne e Spirito», presenta la natura umana e insieme divina di Cristo; alla «manifestazione» di Gesù nella…
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Esemplarità del pastore
1 Timoteo 4,12-16 | Paolo chiede a Timoteo che nessuno disprezzi la sua giovane età (aveva circa trent’anni e da tredici stava con lui). Forse qualcuno, a motivo della sua giovinezza, non lo teneva per questo in considerazione. È però fin troppo chiaro che nella comunità l’autorevolezza non nasce dagli anni, ma dall’incontro col Signore e dalla conversione al Vangelo. Paolo esorta, pertanto, Timoteo ad essere di esempio «nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza». Questa statura spirituale gli darà l’autorevolezza necessaria per guidare con sapienza la comunità. Paolo ha già comunicato che era sua intenzione unirsi a lui al più presto possibile (3,14), ma si raccomanda che fino al suo arrivo egli assolva il suo servizio con la “lettura” della Sacra Scrittura nelle assemblee ecclesiali. Ad essa è legata «l’esortazione e l’insegnamento» che l’apostolo gli chiede di fare, perché la Parola giunga nel cuore della vita della…
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Presunzione e avidità di denaro degli eretici
1Timoteo 6,2c-12 | Per la terza volta l’apostolo mette in guardia Timoteo da coloro che travisano l’insegnamento del Vangelo. Costoro si separano di fatto dalla comunità perché non seguono le “sane parole” del Signore, le uniche a essere fonte di salvezza appunto perché liberano dal peccato e dalla morte. Chi lascia prevalere il proprio orgoglio legge anche le parole del Vangelo solo a partire dal proprio interesse. È il senso dell’accecamento di cui parla l’apostolo e che porta a «non comprendere nulla» e a essere «maniaco di questioni oziose e discussioni inutili». Questo comportamento arrogante e vanaglorioso non è innocuo; diviene dannoso per sé e per la comunità. L’orgoglio distrugge l’amore fraterno, che deve essere invece la qualifica più alta della comunità. I frutti amari dell’orgoglio sono «le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti». Con particolare forza l’apostolo avverte che gli eretici abusano della pietà per…
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Conservarsi senza macchia
1Timoteo 6,13-16 | L’apostolo chiama Timoteo «uomo di Dio»: una qualifica che sottolinea l’appartenenza del discepolo a Dio, al cui servizio ha dedicato la vita. Questa è dunque la meta che Timoteo deve raggiungere: il perfezionamento dell’uomo interiore con tutte le virtù umane e cristiane. La vita cristiana è paragonata a una gara condotta in virtù della fede. E il trofeo che si ottiene è la vita eterna. Nella sua grande benevolenza Dio stesso – dice Paolo al discepolo – lo ha chiamato a questa vita, e lui ha risposto con una bella professione di fede davanti a molti testimoni. Paolo si riferisce forse al giorno del suo battesimo o a quello della sua consacrazione a presbitero. Come Timoteo, ogni cristiano deve partecipare a questa gara: tutti siamo chiamati a prendervi parte e a rispondere con generosità. L’apostolo si rivolge ancora una volta a Timoteo chiamando a testimone Dio, che dona la vita, e Gesù Cristo, che sotto Ponzio Pilato ha testimoniato il suo…
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XXV del tempo ordinario
Am 8,4-7; Sal 113 (112); 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13 | Il Vangelo di Luca, che continua ad accompagnarci in queste domeniche, ci apre al capitolo 16 ove l’evangelista riporta alcune parabole rivolte non ai farisei, come nel capitolo 15, ma ai discepoli. La parabola che oggi abbiamo ascoltato ci parla di un amministratore che viene accusato davanti al padrone di una cattiva amministrazione. Quando il padrone lo chiama l’amministratore non tenta nessuna difesa. Sa bene che è colpevole di una cattiva gestione. Lo scandalo è noto a tutti. Ma di fronte al triste destino che lo aspetta, non si rassegna. E’ giustamente preoccupato per il futuro: “Che cosa farò? Zappare non ne ho la forza; mendicare mi vergogno”. Decide quindi di cercare una via di salvezza, subito, senza perdere tempo, sottolinea l’evangelista, prima che venga licenziato. Chiama i debitori del padrone e compie un’ulteriore truffa: a ciascuno defalca le somme dei loro debiti verso il padrone. E’ un paino certo…
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Decreto per la ricostruzione del tempio
Esdra 1,1-6 | La parola del Signore non viene pronunciata invano. È quanto afferma l’inizio del libro di Esdra, che vede realizzarsi la parola profetica addirittura attraverso l’opera di un re straniero, Ciro. Costui diviene lo strumento nelle mani di Dio per liberare il popolo dall’esilio e perché possa tornare a Gerusalemme e ricostruire il tempio. Questo re dei persiani aveva conquistato Babilonia sottomettendo l’antico impero, responsabile della distruzione di Gerusalemme e del tempio, oltre che della deportazione. In lui già Isaia aveva visto l’inviato di Dio: «Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni…» (Is 45,1). Viene per questo presentato come l’eletto, il messia di Dio. Il Signore non limita la sua azione a Israele, ma la estende a tutti i popoli. È Dio che guida la storia dell’umanità intera, non solo quella del popolo di Israele. In tal senso c’è un’unica storia della salvezza…
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Risposta del re e completamento dei lavori
Esdra 6,7-8.12b.14-20 | Con la ricostruzione del tempio, la promessa fatta dal Signore a Davide è portata a compimento. Dio non dimentica la sua promessa. La sua Parola giunge sempre a effetto, nonostante il peccato dei membri del popolo di Israele e le avverse vicende della storia che sembrano frenare il piano che il Signore aveva stabilito. Così non solo il tempio, cuore della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, ma anche le feste possono ormai essere nuovamente celebrate. La gioia e l’unità del popolo intorno al Signore sono le caratteristiche dei momenti di festa: «Gli Israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati celebrarono con gioia la dedicazione di questo tempio di Dio». È una gioia che continua. Si ripete per «sette giorni», ossia per sempre: «Celebrarono con gioia la festa degli Azzimi per sette giorni, poiché il Signore li aveva colmati di gioia…». Non si può infatti stare davanti al Signore con la tristezza di chi non conosce la sua…
Risposta del re e completamento dei lavori
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Dio non abbandona il suo popolo
Esdra 9,5-9 | L’esilio, con il quale Israele venne privato della terra, fu la conseguenza del tradimento dell’alleanza. Così accadde anche ai tempi di Esdra, il quale mostrò la confusione di chi scopre l’infedeltà del popolo. L’uomo di Dio si accorge della vergogna non solo del suo peccato, ma anche di quello del suo popolo: «…ho vergogna di alzare la faccia verso di te, mio Dio, poiché le nostre iniquità si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpa è grande fino al cielo». La coscienza del peccato è un aspetto essenziale dell’uomo di fede: non c’è salvezza senza la coscienza del male compiuto e del proprio peccato, come anche del bisogno di essere salvati. Nessuno si salva da solo. La preghiera nasce proprio da questa consapevolezza – la coscienza della propria insufficienza e la coscienza del peccato – che accompagna quotidianamente la vita del credente. Esdra ci mostra la necessità di rientrare in noi stessi e di scoprire la nostra…
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