Domenica dell’Ascensione
At 1,1-11; Sal 47 (46); Eb 9,24-28.10,19-23; Lc 24,46-53 | Celebriamo oggi l’ascensione di Gesù al cielo. Negli Atti abbiamo ascoltato che Gesù, dopo essere apparso ai discepoli “per quaranta giorni parlando del Regno di Dio…fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi”(At 3; 9). Anche per noi sono passati quaranta giorni dopo la Pasqua, e la Santa Liturgia ci fa rivivere questo mistero, mentre attendiamo la Pentecoste. E possiamo fare anche nostro l’interrogativo ansioso dei discepoli: “Signore è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno di Israele?” Una domanda importante per quei discepoli e anche legittima: “è venuto finalmente il Regno? Il male è finalmente sconfitto?”. Noi potremmo dire: “quando non ci saranno più guerre, conflitti, violenze, odi, soprusi? In questi anni, c’è stata prima la pandemia, poi le guerre, che non sembrano finire e la povertà che cresce. La domanda dei discepoli è anche nostra: “fino a quando,…
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Paolo a Efeso
Atti 19,1-8 | Paolo giunge a Efeso, una città ricca e popolosa, capitale della provincia dell’Asia, e situata all’incrocio delle principali vie marittime e terrestri tra Oriente e Occidente. Qui l’apostolo vi resta per ben tre anni, facendone il centro della sua missione. Da Efeso, infatti, parte per fondare comunità in altre città, e scrive varie lettere, come quella ai corinzi. Appena giunge in città, Paolo trova alcuni discepoli del Battista. Si tratta di una dozzina di persone facenti parte di un gruppo che faceva riferimento al Battista e che aveva avuto una qualche diffusione nella regione. Si fece compagno di quel piccolo gruppo di «discepoli di Giovanni». È una piccola vicenda che mostra l’attenzione pastorale di Paolo nel cogliere ogni occasione per annunciare il Vangelo, nell’essere attento alle domande, talora nascoste nel cuore degli uomini, che tuttavia anelano all’incontro con Gesù. Paolo ha letto la loro domanda, l’ha colta e si è fatto compagno…
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Addio agli anziani di Efeso
Atti 20,17-27 | Dopo essere sbarcato a Mileto, l’apostolo manda a chiamare gli «anziani» della comunità di Efeso perché lo raggiungano. L’apostolo vuole salutarli e lasciare loro il suo «testamento pastorale», visto che saranno loro i responsabili della comunità. E inizia ricordando la sua stessa testimonianza: «Voi sapete come mi sono comportato con voi». L’apostolo è consapevole che quegli «anziani» debbono essere «i modelli del gregge». Paolo si mostra loro come modello di pastore ricordandogli come lui stesso ha vissuto nei tre anni di ministero a Efeso. Paolo concepisce dunque il suo ministero come «servizio al Signore». Così Gesù ha indicato a noi la via, anche quella della comunicazione del Vangelo. La mitezza, in effetti, apre i cuori e li dispone all’ascolto del Vangelo e all’incontro con Dio. Paolo confida quindi agli anziani di Efeso che andrà a Gerusalemme, non per un suo capriccio ma perché «spinto dallo Spirito». Non sa bene cosa gli…
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Paolo affida gli anziani di Efeso alla Parola di Dio
Atti 20,28-38 | La Parola, ancor prima di essere affidata a noi perché la comunichiamo, ci custodisce, ci protegge, ci benedice. I discepoli di Gesù potranno portare la Parola agli altri solo se prima sono essi stessi sostenuti dalla Parola. Senza il Vangelo la Chiesa è nulla e noi, come dice Gesù: «Senza il Vangelo non potete far nulla» (Gv 15,5). Paolo ricorda poi il suo rapporto personale con i poveri: li aiutava con il lavoro delle sue mani. Egli non solo non ha desiderato per sé ricchezza alcuna, ma si è sostenuto con il lavoro delle sue stesse mani. Ma riafferma che è un dovere primario del cristiano “sostenere” i “deboli”. È la prima volta che nel Nuovo Testamento si usa il termine “debole” (asténos, ossia senza forza, senza vigore) per indicare genericamente i poveri. Il verbo “sostenere” significa “prendersi cura”, sentirsi personalmente responsabili verso i più deboli. E qui Luca riporta uno splendido “detto” di Gesù con cui Paolo riassume…
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Paolo davanti al sinedrio di Gerusalemme
Atti 22,30; 23,6-11 | Paolo, sciolto dalle catene, è condotto davanti al sinedrio perché venga chiarito il motivo della sua colpa. L’apostolo, «guarda fisso» tutti e, certo dell’aiuto del Signore, si rivolge ai sinedriti chiamandoli «fratelli». Paolo prova a riassumere quanto aveva già detto nella sua apologia (22,1-21) sottolineando che ha condotto la sua vita con piena «buona coscienza» dinanzi a Dio. Il sommo sacerdote avverte come sfacciata questa risposta e ordina di colpirlo sulla bocca, ripetendo così, quasi alla lettera, la scena del processo a Gesù. Paolo, che conosce dall’interno le differenze che esistono tra i sadducei e i farisei, con un’abile mossa dialettica, mette l’uno contro l’altro i farisei e i sadducei prospettando la sua fede nella risurrezione dai morti. Questo suo argomentare suscita un tumulto tra i vari gruppi sino a far dire da parte di qualcuno dei presenti in favore dell’apostolo quel che fu detto anche di Gesù: «Non troviamo…
Paolo davanti al sinedrio di Gerusalemme
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Paolo e il re Agrippa
Atti 25,13-21 | Luca pone qui, quasi come intermezzo, l’incontro di Paolo con il re Agrippa II e sua sorella Berenice venuti a Cesarea per salutare Festo, procuratore di Roma. Festo riassume il processo ad Agrippa. Con acutezza il procuratore va subito al nocciolo del problema: Paolo, l’accusato, afferma che un certo Gesù che gli ebrei credono morto sia invece vivo. C’è da dire che era proprio questo il centro della predicazione dell’apostolo, come peraltro emerge dal complesso delle sue lettere: la morte e la risurrezione di Gesù sono le colonne portanti del Van-gelo di Paolo. Credere che Gesù è risuscitato da morte significa che egli ha vinto il male e il suo primo frutto che è, appunto, la morte. Per questo viene chiamato «Cristo», l’inviato di Dio, e «Signore». E ogni volta che noi diciamo «nostro Signore Gesù Cristo» intendiamo dire, appunto, che Gesù di Nazareth, inviato da Dio su questa terra, è stato reso Signore, ossia dominatore del male e della…
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Paolo a Roma
Atti 28,16-20.30-31 | La conclusione degli Atti descrive brevemente la consegna del Vangelo a Roma. Paolo iniziò la sua missione in una casa privata, mentre era agli arresti domiciliari. Godendo di una certa benevolenza da parte delle autorità romane, fece venire da lui i rappresentanti della comunità ebraica. E, sebbene molti di essi non accogliessero la sua predicazione, non gli furono tuttavia ostili, anzi mostrarono verso di lui una grande tolleranza, ammettendo esplicitamente di non avere nulla contro di lui. Paolo restò in questa casa, situata molto probabilmente vicino al quartiere ebraico, per due anni. La trasformò in un centro missionario. Anche se incatenato nel corpo, Paolo svolse un intenso lavoro apostolico: nella casa riceveva gente, predicava, pregava e scriveva lettere alle comunità lontane. Nulla, neppure le catene impedivano all’apostolo di comunicare il Vangelo. Quale esempio per noi, che pure abbiamo a disposizione strumenti e mezzi, ma facciamo fatica,…
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Domenica di Pentecoste
At 2,1-11; Sal 104 (103); Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26 | Abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli la narrazione della Pentecoste che Luca pone come un evento fondatore del tempo della Chiesa, un tempo che inizia, appunto, con una irruzione dello Spirito sulla comunità cristiana radunata nel cenacolo. Già il Battista lo aveva previsto indicando Gesù: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16). La Chiesa nasce come un popolo raccolto e guidato dallo Spirito Santo. Nasce non da se stessa, ma dall’Alto. Potremmo dire che è la prima faccia del miracolo della Pentecoste: la trasformazione di quel piccolo gruppo in una comunità unita dalla passione per il Vangelo. Luca scrive che tutti ne furono pieni: “tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue”(At 2,4) comunicando a tutti il mistero di Gesù: quel profeta che era stato crocifisso, il Padre lo aveva fatto risuscitare dai morti, primizia di tutti noi. E’ il cuore della…
Domenica di Pentecoste
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La Madre e il discepolo amato
Giovanni 19,25-34 | Dopo aver celebrato la grande festa della Pentecoste, che ha segnato l’inizio della storia della Chiesa nel mondo, la liturgia ci invita a contemplare Maria con il titolo di madre della Chiesa. Potremmo dire che questa maternità appare già evidente sotto la croce, quando Gesù stesso dice a Maria: «Donna, ecco tuo figlio» e al discepolo: «Ecco tua madre». Queste parole di Gesù parlano alla nostra vita, a ciascuno di noi che tanto facilmente è spinto a mettersi al sicuro, a evitare i problemi, ad allontanare la sofferenza e a non affrontare la sfida del male. Maria, forse, in quel giorno comprese la verità delle parole che le aveva rivolto Simeone: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35), così come la lancia aveva trafitto il costato di Gesù. Si potrebbe dire invece che dovunque si forma una comunità di discepoli sotto la croce, segno di ogni sofferenza umana, lì c’è la Chiesa. Bisogna stare e sostare sui tanti calvari del mondo,…
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Il vero vanto
2 Corinzi 1,18-22 | Nella comunità di Corinto si erano presentati dei predicatori che avevano cominciato a criticare Paolo e ad accusarlo, mettendo in discussione la sua sincerità, la sua apostolicità e il Vangelo da lui predicato. Così era successo anche in Galazia. Paolo è costretto a difendersi, anche se la sua difesa è innanzitutto del Vangelo da lui predicato e per il quale aveva ricevuto anche conferma dagli altri apostoli riuniti a Gerusalemme. Con questa lettera Paolo vuole riaffermare il valore del suo annuncio, che viene dalla grazia di Dio e non dalla sapienza o dalla forza della “carne”. Ed è per questo che può “vantarsi”. Ma non è il vanto della vanagloria per le proprie, magari presunte, qualità. È una tentazione che in tanti conosciamo. Il vanto di cui parla l’apostolo è quello di chi spende la vita per annunciare il Vangelo; di chi può presentare al Signore una comunità frutto della sua predicazione. In questa prospettiva, l’apostolo, in altra…
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Fondazione della Chiesa di Antiochia
Atti 11,21-26 | Oggi la Chiesa fa memoria di Barnaba. Nativo di Cipro, viveva a Gerusalemme ove aveva abbracciato il Vangelo, divenendo un discepolo esemplare: aveva venduto tutti i suoi beni e portato il ricavato ai piedi degli Apostoli. E furono proprio gli Apostoli a inviarlo ad Antiochia, dove il Vangelo venne predicato non solo agli ebrei, ma anche ai pagani: per la prima volta la comunità dei discepoli di Gesù era composta da credenti non ebrei. Fu in questa città che i discepoli di Gesù furono chiamati per la prima volta «cristiani». Barnaba, venuto a conoscenza della conversione di Paolo, lo invitò ad Antiochia per testimoniare davanti a tutti il suo incontro con Cristo. Lo portò anche a Gerusalemme per presentarlo agli altri Apostoli e insieme difendere le ragioni della predicazione del Vangelo ai pagani senza che si sottomettessero alla circoncisione. Assieme a Paolo intraprese il primo grande viaggio apostolico portando anche Giovanni Marco, nipote di Barnaba,…
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Non predichiamo noi stessi, ma Cristo Signore
2 Corinzi 3,15–4,1.3-6 | Di nuovo Paolo ritorna a parlare del ministero che gli è stato affidato. È ben consapevole di essere stato scelto da Dio per comunicare agli uomini il Vangelo di Gesù Cristo. Non è quindi per sua scelta che ne è diventato ministro, ma perché chiamato dall’Alto. Può perciò rivendicare senza timore alcuno l’autorità del suo annuncio e ricordare la franchezza con la quale egli lo ha fatto senza falsificarne il contenuto e senza attutirne la forza. È vero però che a Corinto c’è chi non pensa con sincerità. Già alla fine del capitolo terzo della lettera, Paolo aveva accennato a coloro che mercanteggiano la Parola di Dio; ora parla addirittura di una possibile falsificazione. Non basta ovviamente appartenere alla Chiesa, o alla comunità, per essere immuni dall’orgoglio, dall’invidia e dalla critica. Tali tristi istinti “velano” lo sguardo sul Vangelo e ne offuscano la comunicazione. Paolo rivendica che la sua predicazione non è…
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Un Vangelo in vasi di creta
2 Corinzi 4,7-15 | Paolo, che non ha esitato a esaltare il ministero apostolico che ha il compito di comunicare al mondo il mistero di Cristo, è consapevole della sua e della nostra debolezza. Per questo afferma: «Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta». Gesù ha affidato il suo Vangelo nelle povere mani dei discepoli, della sua povera comunità. Il contrasto tra la ricchezza del Vangelo e la povertà dei discepoli, mostra con estrema chiarezza che l’autorevolezza e la stessa forza del ministero non viene dagli uomini, dalla loro forza, dalla loro abilità, dalle loro strategie, ma da Dio. L’apostolo rilegge sotto questa luce anche la sua stessa vita. E comprende che nonostante le tribolazioni, le minacce, i pericoli, le difficoltà, mai tuttavia è stato abbandonato da Dio. Anzi, proprio nella debolezza della sua vita si è manifestata «la vita stessa di Gesù». Nella persecuzione e nell’abbandono, Paolo si vede simile a Gesù, che «ben conosce il patire». È la…
Un Vangelo in vasi di creta
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Il ministero della riconciliazione
2 Corinzi 5,14-21 | Paolo torna a spiegare il senso del suo ministero apostolico perché i corinzi sappiano rispondere a coloro che si presentavano pieni di sé, vantando le loro esperienze religiose e la loro sapienza. Scrive l’apostolo: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (v. 17). E le cose nuove sono quelle di Dio, quelle dell’amore senza confini, quelle che portano riconciliazione, non divisione, amore, non odio. L’opera di Gesù è tutta tesa a riconciliarci con Dio e tra noi. Se restiamo uniti a Gesù, veniamo riconciliati con Dio e saremo riconciliati anche tra noi. L’apostolo si è fatto ministro della riconciliazione, ambasciatore di Cristo, per riconciliare tutti al Padre. Ancora oggi, l’apostolo continua a esortare ancora noi: «Lasciatevi riconciliare con Dio!». In un mondo lacerato dalle divisioni, divorato dal male e tanto avaro nel perdonare c’è bisogno che i credenti manifestino…
Il ministero della riconciliazione
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Festa della Santissima Trinità
Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15 | La liturgia, in questa prima domenica dopo la Pentecoste, celebra la festa della Santissima Trinità, il mistero di Dio che sta nel cuore della nostra fede. Il Vangelo di Giovanni (16,12-15) riporta alcune delle parole che Gesù rivolse ai discepoli durante l’ultima cena con le quali indicava la strada per giungere al Padre. Sarebbe stato lui a guidarli: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future». Lo Spirito trascinerà i discepoli verso il cuore di Dio, il mondo di Dio, la vita di Dio, una vita di comunione di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Dio di Gesù è una “famiglia” di tre persone, la cui unità sgorga dall’amore che li unisce. Potremmo dire: si vogliono così bene da essere una cosa sola. Questa incredibile “famiglia” è entrata nella storia degli uomini per…
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La forza del Vangelo
2 Corinzi 6,1-10 | Paolo ha affrontato innumerevoli difficoltà per non mancare al suo ministero apostolico: battiture, prigionia, tumulti, fatiche, veglie, digiuni… Nessuna di esse lo ha allontanato dalla missione di predicare il Vangelo. Rivestito di sentimenti di purezza, di sapienza, di pazienza, di benevolenza, di santità, di amore sincero, non ha cessato di predicare il Vangelo e di servire le comunità ovunque esse si trovassero. La Parola che il Signore gli aveva affidato è stata la sua forza, il suo sostegno. In questo orizzonte tutti i discepoli di Gesù, poveri di beni esteriori, hanno una ricchezza interiore che li sostiene mentre la comunicano; anzi nel comunicarla diventano essi stessi più forti e più compassionevoli. Paolo lo ricorda a quei cristiani. Dice loro: «La nostra bocca vi ha parlato francamente, corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi», ma alla larghezza del suo cuore di apostolo ha fatto riscontro la grettezza dei loro cuori. E, con amore…
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La colletta per Gerusalemme
2 Corinzi 8,1-9 | Paolo sentiva il debito di riconoscenza per la comunità “madre” di Gerusalemme che stava attraversando un momento particolarmente difficile. Anche noi – con un salto di duemila anni –, dovremmo sentire un debito analogo di fronte al dramma che la terra di Gesù sta vivendo. In questi ultimi tempi la situazione si è aggravata in maniera pericolosissima. E chiede a noi una partecipazione effettiva. A partire dalla preghiera. Paolo aveva organizzato una colletta nelle comunità da lui fondate, mostrando così una giusta solidarietà delle altre comunità sia con quella di Gerusalemme sia con gli apostoli. La fraternità cristiana – come emerge nei “sommari” degli Atti degli Apostoli che descrivono la vita della comunità – era fatta anche della concretezza dell’aiuto vicendevole. Partecipare alla colletta, come era avvenuto per le comunità della Macedonia che erano piuttosto povere, significava partecipare a una grazia straordinaria perché l’amore…
La colletta per Gerusalemme
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Larghezza e gioia nel dare
2 Corinzi 9,6-11 | Già il Deuteronomio, a proposito del fratello bisognoso, scriveva: «Dagli generosamente e, mentre gli doni, il tuo cuore non si rattristi» (15,10). E il salmista che Paolo cita dice: «Ha largheggiato, ha dato ai poveri; la sua giustizia dura in eterno». La generosità e la gioia nel dare, che caratterizzano la solidarietà cristiana, liberano il cuore dalla schiavitù del possesso e lo rendono più conforme a quello di Gesù che «non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso» (Fil 2,6-7), come Paolo scriverà ai filippesi. La generosità arricchisce colui che dona e fa ritornare su di lui la grazia di Dio e la preghiera di coloro che ricevono. È una convinzione comune presso i Padri della Chiesa che i poveri saranno i nostri intercessori presso Dio. E l’elemosina che si dona nelle loro mani diviene per noi un tesoro messo nel cielo. Sì, ciò che diamo ai poveri torna nelle mani di Dio, nel cielo. Per questo l’apostolo suggerisce che…
Larghezza e gioia nel dare
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Un Vangelo predicato gratuitamente
2 Corinzi 11,1-11 | Con l’immagine della Comunità come la sposa di Cristo, l’apostolo si presenta come il padre che veglia su di essa e la custodisce per presentarla allo sposo senza macchia. È un modo efficace per esprimere con quale intensità di sentimenti egli sente la responsabilità pastorale. Come un padre buono vigila attentamente perché vede ripetersi la drammatica scena accaduta nel paradiso terrestre quando Eva si lasciò circuire dal serpente. E, in effetti, c’è stato chi si è lasciato sedurre dal serpente, da questi “super-apostoli”, come Paolo ironicamente chiama i suoi oppositori, i quali predicano un altro vangelo da quello portato da lui. Paolo vuole toccare il cuore degli ascoltatori e guadagnarli a Cristo. Portarli a Cristo era la sua vera paga, l’unica cosa a cui teneva, davvero. In genere gli apostoli e i missionari itineranti erano mantenuti dalle comunità. Anche Paolo conosceva questa regola, ma non ne ha voluto mai usufruire. Anzi, è stato per…
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Il vanto della debolezza
2 Corinzi 11,18.21b-30 | Il vanto di Paolo fa emergere da una parte la sua debolezza e dall’altra la forza del Signore. L’apostolo non è inferiore a quei “super-apostoli”: anche lui è di origine ebraica, appartiene a Israele e figlio anche di Abramo ed erede della promessa messianica. È fiero di esserlo. E si vanta di essere cresciuto nella scuola di uno dei più grandi rabbini dell’epoca, Gamaliele. E se questo è il vanto delle origini, ben più alto è quello dell’appartenenza a Cristo. L’apostolo scrive alla comunità che lui è ministro di Cristo in maniera molto più alta dei suoi oppositori. Aveva già scritto loro, a proposito degli altri apostoli, sostenendo: «Ho faticato più di tutti loro» (1Cor 15,10). Ora può asserirlo con forza ancora maggiore rispetto a quei falsi profeti. E ai corinzi dice: «In realtà sopportate chi vi rende schiavi, chi vi divora, chi vi deruba, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia». E l’apostolo con straordinaria…
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«Quando sono debole, è allora che sono forte»
2 Corinzi 12,1-10 | È un passaggio cruciale della lettera. Paolo rivela, senza delinearne i contenuti che neanche lui stesso ha compreso fino in fondo, l’esperienza spirituale di una visione. È singolare che l’apostolo non parli più qui in prima persona, ma di «un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo» (v. 2). Non descrive nei dettagli l’esperienza avuta che neanche lui ha compreso fino in fondo. In quell’incontro misterioso è stato come spossessato di se stesso: Non è più l’io carnale che parla ma «un uomo in Cristo». Quell’incontro lo ha trasformato profondamente sino a fargli dire, in un’altra occasione: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Il cristiano è sulla via dell’identificazione in Cristo: un cammino di crescita spirituale che continua per l’intera nostra vita sino alla sua pienezza. La vita piena e salvata non è altro che la comunione…
«Quando sono debole, è allora che sono forte»
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Festa del Corpo e Sangue di Cristo
Gen 14,18-20; Sal 110 (109); 1Cor 11,23-26; Lc 9,11-17 | La liturgia di questa domenica ripropone, con la narrazione dell’ultima cena fatta da Paolo ai corinzi, quelle parole così forti e concrete: «Questo è il mio corpo», «Questo è il mio sangue». Davvero è il mistero della fede, come insieme diciamo dopo la consacrazione nella santa Liturgia. È il mistero di una continua e particolarissima presenza. Gesù, infatti, nell’Eucaristia, non è solo presente realmente (ed è già cosa grande), è presente come corpo “spezzato” e come sangue “versato”. In tale senso, la festa del Corpus Domini è la festa di un corpo che può mostrare le ferite; la festa di un corpo dal cui costato esce «sangue e acqua» come nota l’apostolo Giovanni.
Festa del Corpo e Sangue di Cristo
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Vocazione di Abramo
Genesi 12,1-9 | Nella confusione e nella dispersione dei popoli il Signore non abbandona mai l’uomo. Se ogni popolo si era costituito una terra dai confini delimitati, con una sua lingua, Dio invece chiama Abramo a uscire proprio dalla sua terra, dalla sua patria e dalla sua casa. La storia della salvezza, quella di Abramo con Dio, comincia con un esodo. L’autore sacro sottolinea il comando di Dio: «Vattene dalla tua terra… verso la terra che io ti indicherò». Solo ascoltando l’invito del Signore a uscire dai propri confini si può ricevere la benedizione, cioè la vita di Dio, ed essere motivo di benedizione per altri. La Bibbia sembra dire nell’inizio del racconto di Abramo che è nella rinuncia ad ascoltare solo se stessi e le proprie tradizioni che si può accogliere la visione universale della vita e del mondo. Infatti, Abramo, l’uomo che obbedendo alla Parola di Dio ha lasciato la sua terra, è divenuto principio di unità e di vita per il mondo intero. Egli è il…
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Nascita di Giovanni Battista
Luca 1,57-66.80 | La Chiesa festeggia oggi la nascita di Giovanni Battista. È una festa molto antica. Assieme a Maria, la Madre di Gesù, Giovanni Battista è l’unico altro santo di cui la Chiesa ricorda anche il giorno della nascita. E questo perché la vita dei due – sin dalla loro nascita – è legata in maniera diretta ed esplicita a Gesù: Maria e Giovanni sono nati per Gesù, l’una per essergli madre e l’altro per preparargli la strada. L’evangelista Luca ne narra la nascita in modo parallelo a quella di Gesù. Anche su di lui si è posato lo sguardo del Signore. La nascita di questo bambino cambia la vita per i due anziani genitori, proprio mentre ogni speranza sembrava ormai svanita a causa della sterilità di Elisabetta. Quel figlio è certo un dono di Dio per i due anziani genitori che così vedono la loro vita coronata dalla generazione. E, attraverso questo figlio, diventano entrambi partecipi del grande disegno di Dio sul mondo. Giovanni – frutto della parola…
Nascita di Giovanni Battista
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