Paolo affida gli anziani di Efeso alla Parola di Dio
Paolo affida gli anziani di Efeso alla Parola di Dio
M Mons. Vincenzo Paglia
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Atti 20,28-38 | La Parola, ancor prima di essere affidata a noi perché la comunichiamo, ci custodisce, ci protegge, ci benedice. I discepoli di Gesù potranno portare la Parola agli altri solo se prima sono essi stessi sostenuti dalla Parola. Senza il Vangelo la Chiesa è nulla e noi, come dice Gesù: «Senza il Vangelo non potete far nulla» (Gv 15,5). Paolo ricorda poi il suo rapporto personale con i poveri: li aiutava con il lavoro delle sue mani. Egli non solo non ha desiderato per sé ricchezza alcuna, ma si è sostenuto con il lavoro delle sue stesse mani. Ma riafferma che è un dovere primario del cristiano “sostenere” i “deboli”. È la prima volta che nel Nuovo Testamento si usa il termine “debole” (asténos, ossia senza forza, senza vigore) per indicare genericamente i poveri. Il verbo “sostenere” significa “prendersi cura”, sentirsi personalmente responsabili verso i più deboli. E qui Luca riporta uno splendido “detto” di Gesù con cui Paolo riassume la vita del credente: «Si è più beati nel dare che nel ricevere». Con il termine greco makàrion (beato) Paolo lega questo detto alle Beatitudini evangeliche. La traduzione letterale dice così: “Beato chi dà, non chi riceve”. Possiamo così collegare questa frase all’altra frase evangelica: «Date e vi sarà dato» (Lc 6,38). La Didaché, un antico testo delle origini cristiane, raccoglie questo insegnamento quando scrive: «Dà a chiunque ti chieda, e non pretendere la restituzione. Infatti, il Padre vuole che i suoi doni vengano dati a tutti. Beato chi dà, secondo il precetto, perché costui è incensurabile».