Il vincolo della carità
Il vincolo della carità
M Mons. Vincenzo Paglia
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Colossesi 3,12-17 | L’apostolo chiama i cristiani «eletti, santi e amati» da Dio. I credenti, generati dall’amore di Dio, sono stati messi da parte per appartenere a lui e godere della sua amicizia come figli prediletti. E se Cristo, l’immagine perfetta di Dio, è diventato il tutto della vita del credente, quest’ultimo deve far suo il comportamento di Cristo e diventare sempre più simile a lui. Non a caso le cinque virtù indicate dall’apostolo all’inizio di questo passaggio (v. 12) richiamano l’agire stesso di Dio e di Cristo verso Israele. Su due atteggiamenti insiste l’apostolo: la sopportazione reciproca e il perdono. Si potrebbe dire che l’amore sopporta e perdona perché il suo obiettivo è la comunione tra i fratelli e l’unità della comunità. Per l’apostolo l’amore, più che una virtù, è lo spirito stesso di Dio che viene riversato nel cuore dal credente. Paolo prende l’immagine del vestito e chiede ai cristiani di stendere l’amore di Dio sulle virtù nominate in precedenza, come una sorta di manto che le copre tutte. L’amore è, infatti, il «vincolo di perfezione», ossia il legame che tiene insieme tutte le virtù e che rende la comunione tra i fratelli salda e compatta. L’agape è la fonte di tutte le virtù e il fine a cui tutte tendono: la comunione con Dio e con i fratelli. L’apostolo richiama quindi la centralità della Parola che, in certo modo, presiede all’amore poiché la Chiesa vive della Parola di Dio, che rende presente Gesù stesso tra i discepoli. Il Vangelo non è un testo da studiare; è sacramento di Cristo, luogo dell’incontro tra Gesù e il credente. La Parola accolta e vissuta diventa così il fondamento dell’unità della comunità e la fonte dei canti di gioia e di ringraziamento che salgono a Dio per il dono della salvezza. Dall’esperienza dell’incontro con Gesù risorto, fatta nella comunità che ascolta e che prega, nasce per il credente la spinta a vivere l’amore ovunque, senza porsi nessun confine.