Paolo scelto dal Signore perché evangelizzi
Paolo scelto dal Signore perché evangelizzi
M Mons. Vincenzo Paglia
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1Timoteo 1,15-17 | Paolo, dopo aver ringraziato il Signore per la grande bontà e misericordia per averlo chiamato mentre era «un bestemmiatore, un persecutore e un violento», si chiede come lo abbia potuto scegliere per servire il Vangelo. E al discepolo Timoteo scrive che lui vive questo come un miracolo. Sa bene perciò che l’unica ragione della sua missione viene dall’alto: «Mi è stata usata misericordia». Come è, peraltro, per ogni discepolo. Paolo, in ogni caso, non giustifica la vita passata con la sua ignoranza del Vangelo. Riconosce che si era lasciato guidare dalla forza cieca del male che porta sempre alla violenza ingiustificata e ingiustificabile. Per questo è ancora più gran-de la sua gratitudine a Dio per il dono ricevuto in misura sovrabbondante. Ora l’apostolo vive una nuova vita in comunione con Cristo, da cui attinge la forza della fede e l’urgenza della carità. Non dimentica la vita passata, che ha ormai rinnegato, ma il ricordo del suo passato diviene motivo di umiltà e di riconoscenza. Infatti così si definisce: «Sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho persegui-tato la Chiesa di Dio» (1Cor 15,9), «l’ultimo fra tutti i santi» (Ef 3,8). È divenuto ora esempio per i discepoli di tutti i tempi. L’esempio di Paolo testimonia con incredibile chiarezza che nessuno è a tal punto lontano da Dio da non poter essere raggiunto dalla sua misericordia. La confessione di lode termina in una preghiera di ringraziamento: «Al re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli». Come non rendere l’onore più grande al Signore che mostra un amore così largo per i peccatori?