Vangelo (Lc 11,14-23) - In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Gesù aveva appena liberato un uomo posseduto da un demonio “muto”. Impedire la parola significa rafforzare o comunque rendere più dura la solitudine di chi ne è colpito. La comunicazione attraverso la parola è uno dei cardini della vita umana. Per questo, quando quest’uomo venne liberato dal demonio e poté parlare, esplose la meraviglia della gente. Ma lo spirito del male non si arrese, semmai rafforzò la sua resistenza e la sua opposizione a Gesù e al Vangelo. L’intera vicenda di Gesù, e dei suoi discepoli di ogni tempo, è una storia di opposizione e di lotta contro il male. In questo caso si è trattato di liberare quell’uomo dal mutismo, dalla incapacità di comunicare con gli altri. Come non pensare alla triste condizione di tanta parte dell’umanità incapace di capirsi, di comprendersi, di comunicare? Se da una parte oggi è sempre più facile scambiarsi notizie e conoscerle in tempo reale, non per questo però è facile comunicare realmente tra persone, tra etnie, tra popoli, tra nazioni. La globalizzazione ha avvicinato i popoli, ma non li ha resi più fratelli tra loro. Spesso, infatti, si alzano muri di incomunicabilità e crescono quindi tensioni e conflitti, talora drammatici. Il principe del male opera perché la divisione e l’inimicizia si allarghino. Il Vangelo, da parte sua, continua ad invitare i discepoli ad essere attenti e vigilanti, a non rinchiudersi nei loro recinti, per non lasciare campo libero al demone della incomunicabilità. Non sono infrequenti le accuse e le calunnie contro Gesù e gli stessi discepoli. Era quel che facevano i farisei. Ma Gesù continua ad esortare a guardare i frutti della sua missione e, possiamo aggiungere, anche quelli dei discepoli e della Chiesa nel corso dei secoli. Sono queste opere di amore a testimoniare la presenza del “dito di Dio” nella storia. Gesù è la presenza stessa di Dio nella storia. È lui l’uomo “più forte” del “forte” maligno che entra nella casa, lo vince e lo disarma. La casa di cui parla il brano evangelico è il cuore di ciascuno, è la comunità cristiana, ove l’amore è più forte del male. E chiunque è cieco di fronte a questo amore, di fatto si pone dalla parte del nemico e comunque ne diventa servo sciocco. Per questo Gesù afferma con intransigenza: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde”. È necessario però vigilare. La lotta contro il male ci accompagnerà per tutta la vita. È in questo senso che qualcuno parla del cristianesimo “agonico”, ossia in continuo stato di lotta. Lo “spirito impuro”, dice Gesù, anche se uscito cercherà di rientrare. Drammatico è l’esito di chi lascia che il male rientri nei cuori per la pigrizia e la preoccupazione per le cose vane. Questa volta, aggiunge Gesù, entreranno nel cuore “altri sette spiriti”. E la condizione nuova sarà peggiore della prima