Vangelo (Lc 2,36-38) - In quel tempo, c’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
È un episodio riportato da tutti i sinottici. E già questo ne indica l’importanza per la vita della prima comunità cristiana. Gesù sta ancora parlando alla folla ed ecco che sua madre e i suoi fratelli arrivano e cercano di incontrarlo. La folla è numerosa al punto che impedisce ai familiari di Gesù di avvicinarsi. L’evangelista nota che stanno «fuori», ossia che non sono tra coloro che lo stanno ascoltando. Non è una notazione solo spaziale. L’evangelista sottolinea che la fede non passa attraverso il legame di sangue, ma attraverso l’ascolto della Parola di Dio. A chi gli riferisce che «fuori» ci sono la madre e i fratelli che lo aspettano, Gesù risponde che sua madre e i suoi parenti sono quelli che lo ascoltano, quelli che stanno «dentro» ad ascoltare la predicazione del Vangelo. Gesù vuole indicare con chiarezza che la sua vera famiglia è quella composta dai suoi discepoli, da coloro che hanno fiducia in lui, dai poveri che si affidano a lui. La Parola di Dio affina i rapporti “naturali” e ne crea di nuovi attraverso l’opera dello Spirito effuso nei cuori. Dall’ascolto della Parola di Dio nasce una nuova famiglia, molto più larga e salda di quella cosiddetta naturale. I legami di fraternità che Gesù è venuto a creare non sono fondati su noi stessi e sulle nostre appartenenze mondane ma sull’ascolto della Parola di Dio. La comunità cristiana radunata dal Vangelo è una benedizione per l’intera società e particolarmente per i soli, i poveri, gli abbandonati, gli afflitti, i perseguitati. Per questi ultimi, la comunità dei discepoli è spesso l’unica famiglia che li accoglie e li custodisce.