Vangelo (Mc 16,15-18) - In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
La conversione di Paolo è uno degli episodi più noti del Nuovo Testamento. Luca, per sottolinearne l’importanza, per tre volte racconta come Paolo abbia cambiato la sua vita e sia stato costituito testimone di Gesù risorto, apostolo della Parola. Ma cosa vuol dire allora fare memoria di una conversione, di un cambiamento? Noi spesso ci scopriamo uomini e donne delle abitudini. I cambiamenti ci spaventano. Siamo legati al presente e dobbiamo riconoscere che la situazione di incertezza del mondo ci rende inquieti davanti al futuro. Ma in realtà proprio la vicenda di Paolo ci parla della forza straordinaria del Vangelo che cambia il nostro cuore e continua a cambiarlo, non rassegnandoci a quello che siamo e preparandoci sempre a vivere il futuro. Paolo, “Saulo” secondo il nome che aveva prima della conversione, era uomo forte, autorevole, come dirà lui stesso, «accanito nella tradizione», cioè che si faceva forte delle sue convinzioni e delle sue idee. Nel-l’incontro con Gesù, in quella caduta sulla via di Damasco, fa esperienza del limite, della fragilità, del bisogno degli altri. La conversione, il cambiamento, non sono mai la conseguenza solo di un evento, ma è un processo. Ed è bello che Paolo scopra Gesù che perseguitava attraverso la comunità di Damasco. Paolo non si converte da solo. Ha bisogno di una comunità che lo accompagni, di fratelli come Anania che lo accolgano e lo aiutino ed è lì che l’apostolo comprenderà una grande verità che poi ci comunicherà nella Lettera ai Corinzi: «Quando sono debole, è allora che sono forte». Nella debolezza, che tante volte ci spaventa e che vogliamo allontanare, c’è la forza attraverso cui possiamo sperimentare la potenza della Parola di Dio che genera speranza, amicizia, solidarietà, e tutti quei segni che accompagnano coloro che questa Parola vivono e annunciano.