03|09 Parabola del fariseo e del pubblicano
03|09 Parabola del fariseo e del pubblicano
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Lc 18,9-14) - In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Spesso Gesù parla dell’importanza della preghiera ai discepoli. Ne offre lui stesso l’esempio: spesso gli evangelisti mostrano Gesù in preghiera. E ne parla con frequenza: esorta i discepoli a perseverare nella preghiera e ad aver fiducia in Dio che sempre ascolta e risponde. La parabola odierna Gesù la narra per condannare la presunzione di chi si reca nel tempio per la preghiera e pensa di essere giusto. Gesù aveva appena liberato un uomo posseduto da un demonio “muto”. Impedire la parola significa rafforzare o comunque rendere più dura la solitudine di chi ne è colpito. La comunicazione attraverso la parola è uno dei cardini della vita umana. Per questo, quando quest’uomo venne liberato dal demonio e poté parlare, esplose la meraviglia della gente. Ma lo spirito del male non si arrese, semmai rafforzò la sua resistenza e la sua opposizione a Gesù e al Vangelo. L’intera vicenda di Gesù, e dei suoi discepoli di ogni tempo, è una storia di opposizione e di lotta contro il male. In questo caso si è trattato di liberare quell’uomo dal mutismo, dalla incapacità di comunicare con gli altri. Come non pensare alla triste condizione di tanta parte dell’umanità incapace di capirsi, di comprendersi, di comunicare? Se da una parte oggi è sempre più facile scambiarsi notizie e conoscerle in tempo reale, non per questo però è facile comunicare realmente tra persone, tra etnie, tra popoli, tra nazioni. La globalizzazione ha avvicinato i popoli, ma non li ha resi più fratelli tra loro. Spesso, infatti, si alzano muri di incomunicabilità e crescono quindi tensioni e conflitti, talora drammatici. Il principe del male opera perché la divisione e l’inimicizia si allarghino. Il Vangelo, da parte sua, continua ad invitare i discepoli ad essere attenti e vigilanti, a non rinchiudersi nei loro recinti, per non lasciare campo libero al demone della incomunicabilità. Non sono infrequenti le accuse e le calunnie contro Gesù e gli stessi discepoli. Era quel che facevano i farisei. Ma Gesù continua ad esortare a guardare i frutti della sua missione e, possiamo aggiungere, anche quelli dei discepoli e della Chiesa nel corso dei secoli. Sono queste opere di amore a testimoniare la presenza del “dito di Dio” nella storia. Gesù è la presenza stessa di Dio nella storia. È lui l’uomo “più forte” del “forte” maligno che entra nella casa, lo vince e lo disarma. La casa di cui parla il brano evangelico è il cuore di ciascuno, è la comunità cristiana, ove l’amore è più forte del male. E chiunque è cieco di fronte a questo amore, di fatto si pone dalla parte del nemico e comunque ne diventa servo sciocco. Per questo Gesù afferma con intransigenza: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde”. È necessario però vigilare. La lotta contro il male ci accompagnerà per tutta la vita. È in questo senso che qualcuno parla del cristianesimo “agonico”, ossia in continuo stato di lotta. Lo “spirito impuro”, dice Gesù, anche se uscito cercherà di rientrare. Drammatico è l’esito di chi lascia che il male rientri nei cuori per la pigrizia e la preoccupazione per le cose vane. Questa volta, aggiunge Gesù, entreranno nel cuore “altri sette spiriti”. E la condizione nuova sarà peggiore della prima