di Nina Fabrizio
“La Chiesa esisteva prima di Joseph Ratzinger ed esisterà anche dopo. Che ne sarà? Semplice, quello che Benedetto XVI ha seminato non viene rinnegato e sta insieme ai tanti altri arricchimenti avvenuti negli avvicendamenti dei Papi. Ma non drammatizzerei più del dovuto questa situazione”. Monsignor Vincenzo Paglia, ordinato vescovo da Wojtyla, capodicastero con Benedetto e ora, sotto Francesco, Presidente della pontificia Accademia per la vita e Gran cancelliere dell’istituto Giovanni Paolo II su Matrimonio e Famiglia, era tra i vescovi concelebranti alle esequie del Papa Emerito. “Un grande evento della fede – dice – che non va strumentalizzato in particolare da certe destre. Se mi è consentito vorrei ridimensionare questo tentativo di accaparramento della figura di Ratzinger attraverso la lettura delle migliaia di persone che sono andate a rendergli l’ultimo saluto”.
Eppure, monsignore la politica a queste esequie era ben presente, soprattutto quella sovranista.
“Benedetto per tutti è stato ’il’ Papa così com’è nella sensibilità del cristiano, un Papa non è né di destra né di sinistra, la figura del Papa per noi cristiani è quella che tiene unite tutte le chiese ed è un tesoro pure per il mondo perché è l’unico che parla per tutti. È questa la grandezza del Papa. Invito a fare attenzione a non portarlo nelle proprie cucine, magari maleodoranti”.
C’è chi dice che ora Francesco non potrà non tenere conto di quei settori conservatori e tradizionalisti di cui l’Emerito era il punto di riferimento.
“Questa dimensione plurale della Chiesa era emersa nella sua pienezza già nel Concilio Vaticano II e proprio il giovane teologo Ratzinger conosceva bene tutte queste anime. Fu il Concilio a ricomporle in una dimensione conciliare che continua. Già Paolo VI del resto e il giovane teologo Ratzinger facevano parte di uno schieramento che non escludeva gli altri, pensiamo solo allo scisma poi dei lefebvriani”.
Con Giovanni Paolo II, però, l’atteggiamento del prefetto Ratzinger cambiò.
“Lui non era entusiasta dell’iniziativa di preghiera interreligiosa di Assisi promossa da S. Egidio e infatti da Papa non la incoraggiò più di tanto. Ma sono sempre quelle pluralità e quelle tensioni di cui dicevo che animano appunto ogni organismo”.
Ora Francesco cosa farà?
“La Chiesa non è un museo che conserva cimeli, è una realtà che cresce in una globalizzazione che ci metterà di fronte a problemi anche più complessi e a tensioni ancora maggiori. D’altra parte, la sfida di come essere cristiani oggi in questo mondo globalizzato è ancora quella posta da Benedetto XVI con la grande domanda sull’eclissi di Dio”.
Quindi le aperture di Francesco andranno avanti?
“Francesco continuerà a fare il Papa come ha sempre fatto secondo sua coscienza e responsabilità. D’altronde Benedetto si è dimesso da un papato regale, da una Curia onnipotente, autoreferenziale con una Chiesa che chiede invece una maggiore universalità e un maggiore legame con le chiese locali”.