Storia n° 3
Storia n° 3
M Mons. Vincenzo Paglia
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Interdizioni di fatto...

Fulvio ha 79 anni, ha lavorato come ingegnere, progettava ascensori. È stato a lavorare in Svizzera e in Olanda. Successivamente è divenuto dirigente di una ditta a La Spezia e quando questa ha preso degli appalti a Roma ben volentieri si è trasferito nella capitale.

La sua pensione gli consente di vivere agiatamente, ma sopraggiunti i primi problemi di salute gli viene consigliato, dai suoi nipoti, di trasferirsi in una casa di riposo “molto buona” che si trova fuori Roma.

Fulvio era molto incerto e alla fine si lascia convincere pensando che dopo il primo periodo di cure avrebbe recuperato le sue energie e sarebbe tornato a casa. Sì, perché lui aveva una bella casa nella zona di Piazza Sempione. I nipoti nello stesso periodo presentano per Fulvio una richiesta di amministrazione di sostegno perché pensano che sia meglio che qualcuno lo affianchi nella gestione economica e nelle scelte quotidiane. Lui viene a conoscenza di questa iniziativa solo quando si vede recapitare dal Tribunale Civile di Roma una convocazione. I nipoti minimizzano e insistono nel dire che sarà per lui un aiuto importante. Loro pensavano che, conoscendo le stravaganze dello zio, sarebbe stato meglio un estraneo come amministratore di sostegno piuttosto che loro stessi ai quali lo zio non ha mai voluto dare retta.

Così viene nominato un avvocato che improvvisamente entra nella sua vita privata, fino negli angoli più remoti.

Bene, pensa Fulvio, ora voglio far valere i miei diritti e spiegherò che prima di tutto voglio tornare a casa, magari pagherò un assistente familiare per farmi aiutare. Così si prepara un bel discorso ma nel primo incontro non percepisce molta disponibilità di ascolto da parte dell'avvocato che, mostrato il decreto di nomina, ha fretta di farsi consegnare il bancomat, i documenti e le chiavi di casa. Fulvio pensa che forse non era il giorno giusto, forse era solo il primo incontro e continua a pensare che se il giudice ha deciso così significa che sarà questa la strada per far valere i propri diritti e le proprie richieste.

Ma dopo il primo incontro Fulvio non riesce più ad avere occasione per parlare di nuovo con l'amministrazione di sostegno. Chiede alla direzione della casa di riposo di chiamarlo ma loro dicono di non preoccuparsi perché si farà vivo lui. Fulvio protesta e loro gli dicono di stare attento a quello che dice perché avrebbero riferito tutto all'avvocato. Allora racconta tutto ai suoi amici che ogni tanto vanno a trovarlo. Loro, non si sa come, riescono a parlare con l'amministratore di sostegno e, per tutta risposta, lui li diffida dal continuare ad occuparsi di Fulvio e creargli false aspettative. Aggiunge che lui non si vuole assumere la responsabilità di far tornare Fulvio a casa e quindi questa attuale è la situazione migliore, ovviamente migliore per lui.

Gli amici di Fulvio gli fanno presente che è proprietario di una bella casa dove, grazie anche al suo reddito, potrebbe vivere bene. L'amministratore di sostegno non vuole sentire ragioni e ribadisce che va bene così come ha già deciso. Insistono a dire che la volontà di Fulvio è un'altra. L'avvocato va su tutte le furie: “Ma che volontà e volontà, bisogna essere realisti e poi io non devo rendere conto a voi dei motivi per i quali ho preso questa decisione. Non ho altro da aggiungere”. Fulvio parla con tutti solo di casa sua, di poter uscire ma non riesce a parlare più con il suo amministratore di sostegno e non lo incontra mai. Non riesce a capire come sia possibile che uno sconosciuto, mai visto prima, possa decidere tutto di lui, senza ascoltare la sua volontà.