con Raffaele Cantone (Laterza)
Le disuguaglianze, l’immigrazione, la sicurezza, la nostra vita: in queste e altre questioni nevralgiche del nostro tempo abbiamo un atteggiamento diverso a seconda dell’idea di giustizia che assumiamo. Il tentativo di trovare delle risposte è affidato al dialogo tra due protagonisti della nostra vita pubblica.
PAGLIA: «Il perdono cristiano non è la cancellazione delle responsabilità di chi ha commesso un delitto, un’offesa. Tutt’altro, visto che richiede la consapevolezza del male compiuto, la decisione di cambiare il proprio comportamento e la promessa di ripararlo. Il perdono non giustifica affatto il male; non dice che non è successo nulla o che non importa quanto di male è stato fatto. Il male va riconosciuto e combattuto. Ebbene, il perdono è una forza efficace per sradicarlo dal cuore degli uomini e ristabilire così la giustizia di relazioni che siano davvero umane. Il perdono, che richiede una interiorità profonda, è la via maestra per sconfiggere la conflittualità tra gli uomini, per evitare di cadere in una spirale di vendetta che porta alla distruzione vicendevole.»
CANTONE: «E tuttavia alcune posizioni espresse da esponenti del mondo della Chiesa tendono al perdonismo, è innegabile. Quando la Chiesa si fa portatrice di indulti e amnistie, ad esempio: manifestazioni che, proprio per essere indiscriminate, non passano attraverso la valutazione del singolo. Questo atteggiamento è molto pericoloso perché crea le condizioni per la vendetta personale. La strada da seguire invece è un’altra. Dobbiamo rivendicare come principio assoluto dello Stato, come valore profondo di democrazia, la concezione che la pena non serve a cancellare ciò che si è commesso, ma deve essere giusta e dare a tutti l’opportunità di una seconda chance. Soprattutto in un momento storico come quello attuale, in cui si tende a risolvere il problema della sicurezza attraverso la costruzione di nuove carceri.»