Non vivere per se stessi
Non vivere per se stessi
M Mons. Vincenzo Paglia
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Romani 14,7-12 | Questa pagina della Lettera è incentrata sull’attenzione da avere verso i “deboli” della comunità, ossia verso coloro la cui fede non è ancora salda e si fanno scrupoli religiosi sui cibi da mangiare. Certo, vi erano – a Roma come a Corinto – i “forti”, ossia coloro che si ritenevano liberi da ogni legame della tradizione e i “deboli”, quelli che ancora vivevano secondo norme legate all’ambiente giudeo-cristiano. La disputa si concentrava soprattutto sulla questione della purità o meno del cibo. In verità, la gravità della situazione consisteva nelle forti accuse reciproche che i due gruppi si rivolgevano l’uno contro l’altro. Paolo ha parole severe per coloro che giudicano e disprezzano gli altri. Costoro, infatti, indeboliscono la comunità, non amando ciò che edifica, dissipando così l’energia della comunione. L’apostolo richiama i cristiani al primato della fraternità e della comunione: i discepoli sono chiamati anzitutto a vivere per il Signore e per il suo Vangelo e non per se stessi o per le proprie idee. Il Vangelo e solo il Vangelo è la fonte e la ragione stessa della comunione tra i credenti. Non è l’osservanza che unisce, non è la “forza” del proprio orgoglio e neppure la “debolezza” di una vita rinunciataria che salvano la comunione nella comunità cristiana. Ciò che salva è sempre e solo l’amore di Dio accolto e praticato. È pertanto dovere prioritario custodire e difendere l’amore fraterno che riceviamo dall’alto. E per questo è il bene più prezioso da preservare. Da questo infatti – dice Gesù – riconosceranno che siamo suoi discepoli.