XXIX del tempo ordinario
XXIX del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Es 17,8-13; Sal 121 (120); 2Tm 3,14–4,2; Lc 18,1-8 | Il Vangelo riporta una parabola di Gesù sulla necessità di pregare sempre, senza scoraggiarsi, “senza perdere il cuore”, letteralmente. La parabola narra di una povera vedova che non trova giustizia per la sua causa. Nella tradizione biblica, come sappiamo bene, la vedova viene presentata come il simbolo dell’impotenza dei deboli, degli indifesi: non avendo né marito né figli che la difendano non ha nessuno su cui contare. E tuttavia quella vedova, a differenza della maggioranza, non si rassegna. E continua a recarsi da quel giudice pretendendo da lui giustizia contro i suoi aggressori, sino a venire alle mani con lui, commenta qualche studioso. “Il giudice – continua Gesù - disse tra sé: anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”(vv. 4-5). Non è certo un comportamento esemplare. Anzi, quel giudice è lontano dai due comandamenti principali: amare Dio e il prossimo. Gesù vuole però convincere in ogni modo i discepoli sulla necessità della preghiera: Dio non potrà non rispondere alla loro preghiera insistente. In un mondo ove i più deboli sono oppressi e abbandonati, Gesù vuole assicurarci che Dio interviene: “Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente” (vv. 7-8), qualcuno traduce “all’improvviso”, quando meno ce lo aspettiamo.

Nelle parole di Gesù appare chiaro che la preghiera dei discepoli è così forte da piegare Dio stesso. Il grido dei poveri, la preghiera dei credenti traversa il cielo e giunge sino al cuore di Dio e lo commuove sino a cambiarlo. Non a caso questa pagina evangelica unisce l’insistenza della vedova e la preghiera degli “eletti di Dio che gridano giorno e notte verso di lui”, come a farne un unico grido, un’unica preghiera: il grido dei poveri è preghiera della Chiesa. E Dio l’ascolta. L’esaudimento della preghiera si potrebbe dire fa parte della giustizia di Dio, una giustizia che richiede però l’insistenza dell’invocazione. Tutti noi, come quella vedova, non abbiamo altro che l’intercessione a Dio perché intervenga e faccia giustizia là dove ci sono violenze e conflitti, guerre e distruzioni. Gesù ci esorta a non stancarci. Abbiamo anche ascoltato dal libro dell’Esodo l’intercessione di Mosé che persevera sino al tramonto del sole con le mani ferme e fiduciose. Non può farlo però senza l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che sorreggano le sue mani. Da soli – anche per Mosé era difficile e noi neppure possiamo paragonarci a lui - è facile che abbassiamo le nostre mani, per stanchezza o per pigrizia, per quella tranquillità avara che ci rende sordi al grido dei poveri. La preghiera in comune – in particolare quella di ogni sera in questa Basilica – è un vero ministero di intercessione che permette a Dio di “fare giustizia prontamente”. Certo, deve farci riflettere la domanda che Gesù si pone al termine della parabola: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”, potremmo dire: il Figlio dell’uomo troverà i suoi eletti in preghiera per la salvezza di tutti e particolarmente dei più poveri? C’è una grazia per noi, quella di avere per madre questa famiglia che non cessa di alzare le sue mani ferme e fiduciose verso il Signore. E a noi, come ad Aronne e Cur, viene chiesto di aiutare la preghiera di questa madre perché i poveri siano aiutati e il mondo liberato dal male, dalla violenza e dalla guerra.

Prima Lettura ... | ...


Salmo Responsoriale

 


Seconda Lettura ... | ...


Vangelo ... | ...


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

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