Morti al peccato
Morti al peccato
M Mons. Vincenzo Paglia
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Romani 6,12-18 | L’apostolo aveva dichiarato i credenti «morti al peccato» perché raggiunti dall’evento di grazia, il battesimo, che li ha resi partecipi della Pasqua di Cristo. Ora rende chiaro che tale evento di grazia non agisce magicamente nei credenti, ma avvia in essi un dinamismo responsabile. Seppure «morti al peccato», i credenti debbono fare in modo da non lasciarsi dominare dal peccato nella vita di ogni giorno. Ai cristiani viene data la forza, l’energia sufficiente per contrastare il peccato e la logica perversa che vogliono dominare il cuore degli uomini. L’apostolo esorta quindi a scegliere tra l’obbedienza all’istinto dell’uomo vecchio e l’obbedienza all’uomo nuovo guidato dallo Spirito. Se la prima è un’obbedienza istintiva, e quindi una sorta di schiavitù, la seconda richiede invece una scelta e un’attenzione vigile e perseverante. La vita del credente è sempre una lotta tra queste due forze; la stessa lotta che Gesù ha vissuto per combattere il male sino a sconfiggerlo. Attraverso la sua morte e risurrezione Gesù ha privato il peccato della sua forza inarrestabile: il male è stato definitivamente sconfitto. Tuttavia, resta sempre in agguato, come scrive il libro della Genesi: «Se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta» (Gen 4,7). Scegliendo di obbedire allo Spirito, la vita del credente diviene un’offerta generosa e gioiosa al Signore e ai fratelli. Gesù stesso ha vissuto la sua esistenza terrena come un’offerta totale al Padre per la salvezza di ogni uomo. Noi, discepoli dell’ultima ora, siamo chiamati a seguirlo su questa stessa strada. È l’unica via per essere liberi dal dominio del peccato che cerca di sottometterci in ogni modo ai suoi desideri. Ma il Signore, che conosce la nostra debolezza, fa abbondare per noi la sua grazia.