Dio raduna coloro che sono morti
Dio raduna coloro che sono morti
M Mons. Vincenzo Paglia
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1 Tessalonicesi 4, 13-18  | Paolo, dopo aver esortato i Tessalonicesi a comportarsi in maniera degna della vocazione che hanno ricevuto, parla del destino dei defunti. Non è bene restare nell’incertezza come lo sono coloro che non credono. Evidentemente c’era un clima di tristezza che appannava la speranza dei Tessalonicesi. Paolo li esorta a nuovi sentimenti: come non ci rattristiamo per la nostra morte perché sappiamo che risorgeremo, così non dobbiamo “affliggerci” per coloro che sono già morti. Anch’essi risorgeranno. Il dolore per la morte dei nostri cari non deve lasciarci nella disperazione. La speranza cristiana non si fonda su teorie filosofiche, ma sulla certezza della risurrezione di Gesù. È quanto ci hanno trasmesso gli apostoli nella predicazione dopo esserne stati testimoni: “colui che era morto” viveva in mezzo a loro realmente, in carne ed ossa, sebbene in maniera spirituale. Tutto ciò non fa parte della natura e vi si accede solo per fede. Dal mistero della risurrezione di Gesù si passa anche alla nostra risurrezione e a quella di coloro che ci hanno preceduto. Ai Filippesi scrive: noi aspettiamo dal cielo “il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose” (Fil 3,21). La creazione sarà quindi liberata dalla “schiavitù della corruzione” (Rm 8,21) e noi avremo un “corpo spirituale” (animato dallo Spirito Santo) (1 Cor 15,44). Tutti, sia chi è ancora su questa terra sia chi è già morto, troviamo la speranza nella risurrezione di Gesù. Forse qualcuno tra i Tessalonicesi pensava che chi era già morto non avrebbe partecipato alla parusia che i Tessalonicesi peraltro pensavano stesse per arrivare. Paolo chiarisce che la risurrezione dei morti riguarda tutti i credenti. Il “secondo” ritorno del Cristo risorto non sarà altro che la piena manifestazione della Pasqua già avvenuta. L’“ordine” dell’eternità, che è Cristo stesso, riguarda prima coloro che sono già morti. In seguito “noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto”, ossia trasferiti nel cielo stesso di Dio. E “così saremo sempre col Signore” (4,17). Paolo non dice nulla sulla tragica fine del mondo e del peccato, ma neppure del nuovo mondo e della nuova esistenza. Perché la fine e il fine della storia avverrà quando tutti saremo con Cristo. Paolo ci esorta a consolarci con queste parole. Il futuro è già iniziato con la risurrezione di Cristo.