La Chiesa e il mistero della pietà
La Chiesa e il mistero della pietà
M Mons. Vincenzo Paglia
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1Timoteo 3,14-16 | La cura per le comunità è un pensiero costante dell’apostolo; non lo abbandona mai, anche se fisicamente è lontano da esse. Scrivendo a Timoteo, Paolo pensa anche alle tante comunità dell’Asia Minore; si preoccupa che siano salde e non corrano il pericolo di essere riassorbite dal mondo. Scrive perciò che la Chiesa è «colonna e sostegno della verità», perché posta da Dio in questo mondo come un fondamento sul quale poggia, visibile a tutti gli uomini, la rivelazione di Dio. Il centro di questa verità rivelata è il «mistero della vera religiosità», ossia la persona stessa di Gesù Cristo, il misericordioso, il mite e umile di cuore. Paolo in sei brevi versetti canta questo mistero di pietà, che forse è un inno cantato nella liturgia della Chiesa del tempo. Il mistero di Cristo viene rappresentato in tre coppie di opposti. La prima, «carne e Spirito», presenta la natura umana e insieme divina di Cristo; alla «manifestazione» di Gesù nella «carne» viene opposto il «riconoscimento nello Spirito», ossia la sua risurrezione che ha sconfitto la morte. La seconda coppia, «visto dagli angeli e annunciato fra le genti», si riferisce al trionfo di Cristo asceso al cielo e dominatore della storia, non circoscrivibile quindi nell’ambito di un pe-riodo storico o di un popolo; per questo il suo Vangelo è comunicato anche ai «gentili». Con la terza coppia di opposti, «creduto nel mondo» ed «elevato nella gloria», Paolo canta la vittoria del Cristo elevato e glorificato alla destra del Padre; e afferma che «non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità» affida-to da Gesù nelle mani della Chiesa e di ciascun credente.