Domenica di Pentecoste
Domenica di Pentecoste
M Mons. Vincenzo Paglia
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At 2,1-11; Sal 104 (103); Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26 | Abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli la narrazione della Pentecoste che Luca pone come un evento fondatore del tempo della Chiesa, un tempo che inizia, appunto, con una irruzione dello Spirito sulla comunità cristiana radunata nel cenacolo. Già il Battista lo aveva previsto indicando Gesù: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16). La Chiesa nasce come un popolo raccolto e guidato dallo Spirito Santo. Nasce non da se stessa, ma dall’Alto. Potremmo dire che è la prima faccia del miracolo della Pentecoste: la trasformazione di quel piccolo gruppo in una comunità unita dalla passione per il Vangelo. Luca scrive che tutti ne furono pieni: “tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue”(At 2,4) comunicando a tutti il mistero di Gesù: quel profeta che era stato crocifisso, il Padre lo aveva fatto risuscitare dai morti, primizia di tutti noi. E’ il cuore della predicazione cristiana di ogni tempo.  La Santa Liturgia di Pentecoste ci fa rivivere questo mistero. Una bella tradizione faceva scendere dal soffitto delle chiese una pioggia di petali rossi, come a far rivivere anche visivamente quell’evento straordinario che diede inizio al cammino della Chiesa “fuori” del cenacolo.

Lo Spirito spinse quella piccola comunità a vincere la paura e ad uscire sulla piazza che – al fragore che era stato sentito - si era nel frattempo riempita di una folla di gente “di ogni nazione che è sotto il cielo”. C’è qui la seconda faccia del miracolo: la tensione della Chiesa per l’unità dei popoli della terra che si erano radunati simbolicamente davanti la piazza del cenacolo. Luca, con efficacia narrativa, li fa presentare per nome, come in un appello, uno ad uno: “siamo Parti, Medi, Elamiti…, Cretesi e Arabi… stranieri di Roma (secondo l’antica traduzione) …e li udiamo parlare le nostre lingue”. E’ la prima globalizzazione operata dallo Spirito per mezzo della Chiesa, di quella comunità, di quel “noi” che vuole unire i popoli della terra. Ciascuno di loro conserva il proprio nome, la propria identità ma, nello stesso tempo, tutti iniziarono a sentirsi un unico popolo riunito dall’unico Vangelo. Diversi eppure uniti. E Luca, con qualche compiacimento, riporta il frutto di quella primissima missione: “e quel giorno furono aggiunte (alla comunità) circa tremila persone”(At 2,41).

Anche oggi il mondo ha bisogno di una nuova irruzione dello Spirito per una più chiara spinta unitiva. Le guerre manifestano tragicamente la divisione del mondo. C’è bisogno di una nuova Pentecoste per questo tempo difficile e complesso del pianeta. C’è bisogno che quel “soffio di vento violento” provochi nuovi sconvolgimenti a partire dai cuori dei credenti. C’è bisogno di testimoni audaci e gioiosi del Vangelo. Quel giorno qualcuno pensò che i membri di quella piccola comunità fossero ubriachi, tanto evidente era il loro entusiasmo e manifesta la loro gioia. E’ urgente anche oggi una nuova passione nella testimonianza evangelica. Sono più che attuali le parole del santo martire Ignazio di Antiochia. Mentre veniva portato a Roma per essere martirizzato diceva: Nei tempi difficili, il cristianesimo non è opera di convincimento, ma di grandezza”. E’ la grandezza dell’amore vissuto con passione. Il Signore ci assicura – come abbiamo ascoltato dal vangelo - che lo Spirito ci accompagnerà, sarà nostro “Paraclito”, difensore e ci “dirà tutto ciò che ha udito, e ci annuncerà le cose future”. Lasciamoci guidare dallo Spirito di questa Pentecoste. Amen.

Prima Lettura ... | ...


Salmo Responsoriale

 


Seconda Lettura ... | ...


Vangelo ... | ...


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

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