La conversione di Paolo
La conversione di Paolo
M Mons. Vincenzo Paglia
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Atti 9,1-20 | Quel che accadde a Saulo, in verità, riguarda ogni credente: se non si cade a terra dal proprio orgoglio, scoprendo quindi la propria debolezza, difficilmente si comprende cosa significa credere. Solo riconoscendo la propria pochezza, la propria povertà è possibile accogliere la luce della saggezza evangelica. L’orgoglio porta alla rovina, allo scontro, alla violenza; l’umiltà rigenera e rende più comprensivi e più solidali. Non a caso il futuro apostolo fu condotto per mano sino a Damasco ove, guidato da Anania, dopo tre giorni di tenebre, ricevette il battesimo e iniziò una nuova vita: Saulo divenne Paolo, un nuovo nome per una nuova vita. Il visitatore che entra oggi a Damasco, dalla porta di Tommaso – nonostante la tragedia che in questi ultimi anni si è abbattuta su questa città –, si trova quasi subito all’inizio della via recta, la strada principale della città vecchia. È la strada di cui parlano gli Atti; proprio in quella zona, un’antica tradizione colloca la casa di Anania dove Paolo fu portato appena giunto in città. L’autore narra lo spavento iniziale di Anania e poi lo stupore nel sentire la notizia dell’arrivo di Saulo, che egli considerava uno dei nemici giurati della giovane comunità cristiana. Ma, avvertito dallo Spirito, appena vede Saulo gli va incontro e gli dice: «Saulo, fratello». Per Anania, Saulo di Tarso non è più nemico, ma fratello. E al persecutore pentito torna la vista. I cristiani, anche per lui, sono ora fratelli. L’orgoglio e la violenza che prima gli possedevano il cuore lo avevano accecato. Il Signore lo trasforma. Egli che aveva incontrato “personalmente” Gesù risorto, ha ora bisogno di un fratello che lo aiuti ad aprire pienamente gli occhi. Anania lo accoglie, gli spiega le Scritture e lo introduce alla vita della comunità. Ogni volta che la Parola di Dio ci viene annunciata nella comunità dei fratelli veniamo come chiamati per nome, ossia esortati a fare nostra la Parola ascoltata.