Numeri 12,1-13 | Mosè diventa oggetto di critiche anche da parte di Aronne. Il motivo sembra essere la donna etiope, quindi straniera, che aveva sposato. La tentazione del popolo di Israele era di giudicare tutto a partire dalla propria esperienza, di credere vero solo quello che esso comprende direttamente, riducendo ogni cosa alla propria visione e tradizione. Dio è sempre più largo del nostro cuore. Il Signore non accetta le mormorazioni, piccole o grandi che siano, perché indeboliscono il popolo, approfondiscono le divisioni, gettano il sospetto, allontanano i fratelli ed espongono tutti alla forza del male. Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra. È un umile, dice il libro dei Numeri, e questa è la sua forza. Non risponde lui ma lascia che sia Dio a intervenire per difenderlo. Quando non siamo umili, il nostro io ci fa illudere di essere forti e così rispondiamo al male col male, facendo crescere i semi di divisione. Dio a tutti e tre chiede di andare alla tenda del convegno e rimprovera Aronne e Maria perché non hanno temuto di parlare contro il suo servo. L’ira di Dio è il suo sentimento forte, come lo sdegno di Gesù nel tempio occupato dai mercanti; non è punizione ma manifestazione della sua grande passione. Comprenderla ci aiuta a valutare le conseguenze dei nostri gesti, il dolore che provocano nel cuore di Dio. Quando egli se ne va, quando lo perdiamo a causa della nostra furbizia, il cuore si ammala, come avviene a Maria. Finalmente Aronne si rende conto delle conseguenze del peccato e chiede guarigione. Mosè stesso intercede per Maria e Aronne. È davvero umile. Rimette tutto nelle mani di Dio e non si erge lui a giudice del fratello.
Maria e Aronne contro Mosè
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