Se cessa l’idolatria, il popolo può riavere la pace
Se cessa l’idolatria, il popolo può riavere la pace
M Mons. Vincenzo Paglia
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Giudici 2,11-19 | Il libro dei Giudici continua quello di Giosuè. Assieme a numerosi parallelismi manifesta però anche un profondo contrasto: alla prosperità del tempo di Giosuè succedono momenti di disgrazia, di pianto e di colpa causati dal tradimento di Israele con gli dèi cananei. Questo brano offre una sintesi di quel che in tutto il periodo dei Giudici accade al popolo di Israele: al peccato di tradimento del popolo risponde il castigo di Dio che interviene poi con l’invio di un nuovo Giudice. Quando cessa l’idolatria, il popolo può riavere la pace e quando l’idolatria torna, allora la violenza e la morte si impadroniscono nuovamente di Israele. L’idolatria genera sempre morte. Solo il Signore è Dio di vita. Ogni volta, infatti, che gli uomini mettono al posto del Signore il denaro, il potere, il proprio io, il successo, il guadagno, oppure l’etnia, la nazione o qualsiasi altra creatura, cadono nella spirale della violenza che conduce sino alla distruzione. Tutti sappiamo quanto sia facile dimenticare il Signore e quel che egli ha fatto per noi. Il Signore, che è fedele al suo patto, non ci abbandona e invia un “giudice”, ossia un rappresentante, un padre, un pastore, un profeta, un fratello autorevole che guida facendo comprendere quali sono le sue vie. Il giudice non parla da sé o per propria personale iniziativa, ma nel nome di Dio. E accade che Israele, ascoltando le parole del “giudice”, ossia seguendo il Signore e agendo in conformità alla sua Parola, diviene un popolo forte, in grado di convivere serenamente con tutti gli altri popoli vicini. E non teme quindi la minaccia di coloro che hanno una fede diversa, perché è ben radicato nella fede dei Padri.