Giacobbe carpisce la benedizione di Isacco
Giacobbe carpisce la benedizione di Isacco
M Mons. Vincenzo Paglia
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Genesi 27,1-5.15-29 | Isacco è vecchio e vuole benedire il figlio Esaù, il primogenito, a cui vuole confidare la sua benedizione. Re-becca, intimamente amareggiata dalla scelta di Isacco di prendere per moglie due straniere, è contraria alla decisione del marito. E architetta l’inganno di sostituire Giacobbe con il fratello Esaù per carpire la benedizione del padre e ricevere così il potere della primogenitura. Nella concezione dell’autore biblico non basta che l’efficacia di questa benedizione sia indiscussa presso Dio, ma per applicarla a un discepolo occorre che anche da parte dell’uomo essa venga trasmessa attivamente con una specifica volontà. La narrazione continua con Esaù, ormai esautorato e pieno di odio verso il fratello, che decide di ucciderlo. Giacobbe cercherà di riparare all’inganno prostrandosi «sette volte» davanti al fratello, come si narra più avanti. Dio comunque non cancella la benedizione concessa a Giacobbe dal padre anche se strappata con l’inganno. Solo la ricomposizione della fraternità può portare la pace. La vicenda narrata mostra che la storia del popolo di Dio non è lineare, ma il Signore riesce a guidare il suo popolo sulla via della salvezza anche se gli uomini si allontanano dalle sue vie. E, in questa vicenda, una cosa appare chiara: non è il figlio maggiore e più forte a ricevere l’eredità, ma quello minore e più debole. È una logica estranea agli uomini, ma è quella che tanto spesso troviamo nelle pagine della Bibbia.