Le sconfitte e la morte di Antioco
Le sconfitte e la morte di Antioco
M Mons. Vincenzo Paglia
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1Maccabei 6,1-13 | Durante la sua campagna contro la Persia, Antioco ricevette le notizie sulle numerose sconfitte subite da parte degli ebrei i quali non solo avevano umiliato il suo esercito, ma anche riconquistato Gerusalemme e restaurato il tempio. Il re fu amaramente colpito da queste notizie: egli – nota l’autore – non solo si spaventò ma cadde addirittura malato e in depressione. L’autore per tre volte sottolinea gli stati d’animo del re aggiungendo l’aggettivo «grande»: grande tristezza, grande depressione, grande dolore. Le cocenti sconfitte portarono il re a riflettere sul suo passato. E giunse – in una sorta di confessione dei peccati – a riconoscere le cause dei suoi mali, ossia il saccheggio del tempio da lui compiuto e i massacri ordinati da un suo emissario. In verità, all’origine di tutto vi era la bramosia delle ricchezze che lo aveva portato a compiere azioni malvagie. La ricchezza corrompe il cuore sia di chi è credente sia di chi non lo è. In questo caso è stato Antioco a essere corrotto dalle ricchezze. Ma nel corso del racconto, i figli di Mattatia, a differenza del padre, si lasceranno corrompere dall’oro e dall’argento e tutti finiranno la loro vita in maniera violenta. Già i profeti si erano scagliati contro l’asservimento al denaro. Gesù, che porta a compimento le Scritture, avverte chiaramente: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24). Nell’odierna cultura materialista queste parole, illustrate anche dall’esempio di Antioco, risuonano ancor più forti per tenerci lontani dalla cupidigia.