Invito alla penitenza e alla preghiera
Invito alla penitenza e alla preghiera
M Mons. Vincenzo Paglia
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Gioele 1,13-15; 2,1-2 | Il profeta Gioele svolge la sua missione in un momento difficile per il popolo d’Israele. È un tempo di desola-zione forse causato da calamità naturali abbattutesi sul paese. Il profeta avverte Israele perché non segua l’istinto della rassegnazione e non si lasci andare al lamento. Lo esorta invece a riunirsi nella casa di Dio e a pregare con fede. Il profeta invita tutti a unirsi in assemblee liturgiche per innalzare a Dio la propria richiesta d’aiuto. Si rivolge così a tutta la comunità: «Lamentati come una vergine che si è cinta di sacco per il lutto e piange per lo sposo della sua giovinezza». Chiama alla preghiera gli «abitanti della regione», i «contadini», i «vignaioli» così come i sacerdoti e gli anziani. È l’invito alla concordia di un unico popolo nella domanda di perdono e nell’invocazione dell’aiuto del Signore. È l’invito alla preghiera comune: «Venite, vegliate vestiti di sacco». La preghiera comune raduna tutti nel tempio, e ci si riconosce fratelli e sorelle che si rivolgono assieme al Signore. La preghiera, dice il profeta, va accompagnata dal digiuno; anzi, nei momenti difficili, la preghiera è innanzitutto digiuno, ossia riconoscimento della propria condizione di miseria e di debolezza. Con la preghiera è possibile l’impossibile, come spesso leggiamo nei Vangeli. Gesù stesso diceva ai discepoli: «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (Mt 17,21).