Paolo «a tutti quelli che sono a Roma»
Paolo «a tutti quelli che sono a Roma»
M Mons. Vincenzo Paglia
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Romani 1,1-7 | La Lettera ai Romani, di cui iniziamo la lettura, occupa il primo posto nell’epistolario paolino sia per l’ampiezza che per l’importanza del tema che tratta. Con essa, infatti, l’apostolo si rivolge alla comunità di Roma – che egli non aveva fondato ma della cui fede «si parla nel mondo intero» per spiegare cosa significa la salvezza, ossia la “giustizia” che salva, quella che Dio ha donato agli uomini mediante Gesù Cristo, adempiendo così la promessa fatta ad Abramo. Nell’indirizzo di saluto Paolo si presenta come «servo» di Gesù; infatti, gli appartiene totalmente. E proprio per questo è stato «scelto» come «apostolo», ossia con una missione e un compito particolari che il Signore stesso gli ha affidato per l’edificazione della Chiesa. È la missione di comunicare quel Vangelo che era stato «promesso per mezzo dei suoi profeti nelle Sacre Scritture», il cui culmine è proprio il Vangelo di Gesù «costituito figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti». Il Signore stesso lo ha chiamato per comunicare tale Vangelo al grande mondo dei “gentili”, a cui appartengono anche «tutti quelli che sono a Roma». Augura a tutti, perciò, la grazia e la pace, ossia i doni con cui Dio arricchisce e protegge la vita dei suoi figli. È la grazia di una vita riscattata dalla morte e arricchita di fratelli e di sorelle da amare. È la pace di un’esistenza che trova la sua pienezza nella sequela di Gesù. Ogni credente, sull’esempio dell’apostolo, è «servo di Gesù Cristo» e «apostolo per vocazione».