04|02 Ho visto il Signore
04|02 Ho visto il Signore
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 20,11-18) - In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

La Liturgia del giorno ci fa restare ancora accanto a quel sepolcro ove era stato deposto il corpo di Gesù. E ci mostra Maria di Màgdala che sta lì, mentre piange la morte del suo Signore. La perdita dell’unica persona che l’aveva capita e che l’aveva liberata dalla schiavitù di sette demoni non l’ha fatta restare a casa impietrita nel dolore e bloccata nella rassegnazione e nella sconfitta. Al contrario l’ha spinta ad andare verso il sepolcro per starle accanto: non poteva stare senza il maestro, anche se morto. Quanto siamo distanti dall’amore di questa donna! Troppo poco noi piangiamo la perdita del Signore. Maria è sconsolata, certo, ma non rassegnata. A tutti, ai due angeli e al “giardiniere”, chiede dove sia Gesù. Ella è tutta tesa a cercare il Maestro. Null’altro le interessa. È davvero l’esempio della vera credente, di chi non cessa di cercare in ogni modo il Signore. Interroga anche il “giardiniere”: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Maria vede Gesù con gli occhi, ma non lo riconosce. Solo quando si sente chiamare per nome, le si aprono anche gli occhi. È quel che accade anche a noi quando, bisognosi di parole vere, ascoltiamo il Vangelo. Non vediamo Gesù con gli occhi, ma il cuore che attende parole d’amore ne riconosce la voce. Quel timbro, quel tono, quel nome pronunciato con una tenerezza che tante volte le aveva toccato il cuore, fanno cadere la barriera che la morte aveva posto tra lei e Gesù. Maria lo riconosce al sentirsi chiamata per nome. Il Vangelo, infatti, non parla in maniera generica. È una parola d’amore che giunge sino al cuore. Va ascoltato in un clima di preghiera, dentro una tensione di ricerca di senso, di bisogno di visione. Dobbiamo ascoltarlo con il cuore di quella donna. E se lo facciamo, anche una sola volta, significa non abbandonare più il Signore. La voce di Gesù (il Vangelo) non si dimentica. Anche se la udiamo per un attimo, non vi rinunciamo più. La familiarità con le parole evangeliche, infatti, è familiarità con il Signore: costituisce la via per vederlo e incontrarlo. Maria si getta ai piedi del Maestro e lo abbraccia con l’affetto struggente di chi ha ritrovato l’uomo decisivo della sua vita. Ma Gesù le dice: “Non mi trattenere... Va’ piuttosto dai miei fratelli”. L’amore evangelico è un’energia che spinge ad andare oltre. È l’energia che aveva mosso lo stesso Gesù, sin da quando, obbedendo al Padre, “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,7). Maria obbedì a Gesù e corse dai discepoli. E, potremmo dire, fu ancor più felice mentre correva nuovamente per annunciare a tutti: “Ho visto il Signore!”. Lei, la peccatrice, è divenuta la prima “apostola” del Vangelo della resurrezione.