Vangelo (Gv 6,22-29) - Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Dopo la moltiplicazione dei pani, la folla, rimasta sull'altra riva del mare, avendo visto che non c'erano più né Gesù né i discepoli, salì su altre barche venute da Tiberiade, che si trovava vicino al luogo dove avevano mangiato il pane miracolosamente moltiplicato, e venne a Cafarnao per cercare Gesù. Lo trovarono "al di là del mare", nota l'evangelista. Gesù infatti non stava dove essi lo cercavano. Non era il "re" che essi volevano per soddisfare le loro aspirazioni, magari legittime e comprensibili. Già il profeta Isaia riportava le parole del Signore al suo popolo: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie" (55,8). La ricerca del Signore richiede di andare oltre se stessi e le proprie abitudini, anche quelle religiose. Quella folla doveva dunque andare oltre, molto oltre, davvero "al di là del mare", di quel che pensavano. Non avevano compreso il senso profondo della moltiplicazione dei pani. Infatti, quando giungono a Gesù, risentiti come se li avesse abbandonati, gli chiedono: "Quando sei venuto qua?", ed egli risponde smascherando la comprensione egocentrica del miracolo dei pani: "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati". In effetti, non avevano compreso il "segno", ossia il significato spirituale di quel miracolo che Gesù aveva compiuto. I miracoli infatti non erano semplicemente la manifestazione della potenza di Gesù; erano piuttosto dei "segni" che indicavano il nuovo regno che egli era venuto ad instaurare sulla terra. Quei segni chiedevano la conversione del cuore per chi li riceveva e per chi li vedeva, ossia la scelta di essere con Gesù, di seguirlo e di partecipare con lui all'opera di trasformazione del mondo che quei "segni" già indicavano. Gesù, come il buon pastore che conduce il suo gregge, spiega a quella folla il senso del miracolo a cui avevano assistito. E dice loro: "Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà". In altre parole: "superate l'angusto orizzonte della sazietà per voi stessi e cercate il cibo che non perisce", quel cibo che sfama per sempre. Nel Vangelo di Luca Gesù dice ai discepoli: "Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia; di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il Regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta" (Lc 12,29-31). Il pane che viene dal cielo è Gesù stesso, lui è il Regno, la giustizia, l'amore senza limiti che il Padre ha donato agli uomini. Si legge nel Vangelo di Tommaso una sentenza che fu pronunciata da Gesù: "Colui che è vicino a me è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me è lontano dal Regno" (82). Accogliere questo dono con tutto il cuore e farne il cibo quotidiano è l'"opera" che il credente è chiamato a compiere. Non è un sentimento vago, è una vera e propria "opera", che richiede scelta, decisione, impegno, lavoro, fatica e soprattutto coinvolgimento appassionato e totale. E quindi una grande gioia. Nessuno può delegare ad altri questa "opera". Diventare discepoli di Gesù significa lasciare che il Vangelo plasmi la nostra vita, la nostra mente, il nostro cuore, fino a diventare uomini e donne spirituali. Mentre ascoltiamo la Parola di Dio e ci impegniamo a seguirla vediamo affinarsi i nostri occhi e Gesù ci appare come il vero pane disceso dal cielo che ci nutre il cuore e ci sostiene nella vita.