Vangelo (Gv 6,35-40) - In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Il Vangelo di oggi riprende la frase finale del brano evangelico ascoltato ieri. È una affermazione che richiama quelle dell'Antico Testamento che parlano del banchetto messianico preparato dal Signore per il suo popolo: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà sete, mai!". Finalmente si compiva la promessa di Dio. Gesù rispondeva anche alla fame di salvezza nascosta nel cuore degli uomini: fame di senso, fame di una vita che non termina con la morte e che porti alla felicità piena. Gesù era la risposta venuta dal cielo, e tutti potevano accoglierla e farla propria. Ma Gesù nota con amarezza che molti pur vedendo i segni che faceva non aprivano il loro cuore per accogliere la sua parola. Eppure egli "non respingeva nessuno": "Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori". Basta anche solo poca disponibilità da parte nostra perché avvenga il miracolo. Pensiamo ai cinque pani d'orzo che bastarono per moltiplicarli per cinquemila persone. Chiunque si avvicinava a Gesù veniva accolto: era sufficiente bussare, anche flebilmente, per ricevere risposta. Non aveva detto altre volte alle folle che lo seguivano: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro"? Del resto era sceso dal cielo proprio per questo: ossia fare la volontà del Padre che lo aveva inviato. E la volontà del Padre era chiara: non perdere nessuno di quelli che gli aveva affidato. La sua missione era di radunare tutti nell'unico ovile. Per questo altrove dice: "Io sono il buon pastore". Era venuto per raccogliere i dispersi e condurli nel regno. L'impegno a salvare senza perdere nessuno è la fatica continua del Signore Gesù. E, nella parabola della pecora smarrita, descrive non solo la sua passione anche solo per una pecora, ma anche la disponibilità a correre pericoli e a percorrere cammini accidentati per salvarla. Questa è la preoccupazione costante di Gesù. E questa preoccupazione lui vuole che sia ripetuta nel corso dei secoli attraverso la Chiesa. Sì, la Chiesa, ogni comunità cristiana, deve sentire anzitutto la passione per salvare tutti gli uomini. Papa Francesco ci richiama a tale passione. E non c'è dubbio che l'ansia missionaria debba essere molto più evidente ai nostri giorni e coinvolgere tutti i cristiani. Purtroppo spesso siamo così ripiegati su noi stessi da non sentire l'urgenza missionaria. Ma questo ci allontana da Gesù e dalla sua tensione a liberare il mondo dalla schiavitù del male. È urgente lasciarsi coinvolgere sempre più dalla stessa passione che spingeva Gesù ad andare per le strade e le piazze del suo tempo. Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato in questa pagina evangelica ci mostrano con chiarezza qual è la volontà di Dio e come realizzarla sulla terra: "che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". È una promessa che si realizza in noi stessi proprio mentre spendiamo la nostra vita per il Signore e per gli altri. Appunto come ha fatto Gesù.