04|18 Io sono il pane vivo
04|18 Io sono il pane vivo
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 6,44-51) - In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Il Vangelo continua a presentarci il discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao. All'inizio del brano Gesù chiarisce che nessuno può comprendere il suo mistero senza la fede che il Padre stesso dona. La fede pertanto non è il frutto dello sforzo degli uomini che magari si impegnano nel praticare una vita virtuosa. La fede ha il suo inizio in Dio: "Nessuno – dice Gesù – può venire a me, se non gli è concesso dal Padre". Questo venire a Gesù non è una questione puramente intellettiva e neppure l'adesione a un gruppo organizzato per qualche finalità. A Gesù si va con l'attrazione della mente e del cuore, con il convincimento e la passione. La fede è una questione di amore totale, di impegno coinvolgente. E questo avviene in diversi modi, ma tutti richiedono un incontro con Gesù che può essere mediato da un fratello, da una sorella, da un povero, da un'esperienza di preghiera ed anche dall'ascolto del Vangelo. La citazione libera che Gesù fa del profeta Isaia (54,13): "E tutti saranno istruiti da Dio", richiama il primato dell'ascolto nell'ambito della fede. Gesù suggerisce che l'incontro con Dio ha un cammino privilegiato in un ascolto disponibile della sua Parola. Nelle sue parole, in effetti, c'è una forza attrattiva: esse allargano la mente e il cuore, immettono nel grande disegno di Dio sul mondo, ci avvicinano a Gesù, al suo cuore, alla sua mente, ci permettono di partecipare all'azione stessa di Gesù tra gli uomini. Per questo afferma: "Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me", ossia scopre il senso della vita e riceve il nutrimento che sostiene. È davvero difficile pensare che Dio possa presentarsi attraverso la debolezza delle parole evangeliche, che il suo amore lo si possa toccare attraverso l'amore dei suoi figli. Può sembrare più naturale cercare altrove, in certezze apparentemente ben più solide, il nutrimento per la nostra vita, le certezze e gli affetti che possano garantirle felicità e sostegno. In realtà è un'illusione, tutti conosciamo la finitezza e la debolezza delle cose umane. Molto meglio è fidarsi invece di un Dio che ha scelto le parole di un uomo per manifestare la sua Parola, che ha scelto i deboli segni sacramentali per donarci la sua forza. Non c'è bisogno di sforzi sovrumani per poter comprendere le cose del cielo. Chi vuole conoscere Dio deve conoscere il suo Figlio. Gesù chiarisce che nessuno ha visto il Padre, se non lui. E dirà a Filippo: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9). Chi vuole intendere il mistero di Dio deve incontrare Gesù, deve lasciarsi toccare il cuore dalla sua Parola, dal Vangelo. Chi ascolta questa parola viene attratto da Dio e riceve il pane dell'eternità, come dice chiaramente Gesù: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!". È il mistero che viviamo ogni volta che partecipiamo alla Liturgia Eucaristica ove si aprono gli occhi del cuore come ai due discepoli. È il modo dei credenti di incontrare il Risorto.