04|24 Io come luce sono venuto nel mondo
04|24 Io come luce sono venuto nel mondo
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 12,44-50) - In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Il Vangelo ci mostra Gesù ancora nel Tempio mentre parla apertamente della sua missione. Anzi la grida, richiamando così la forza dei profeti: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato". Gesù si presenta non solo come l'inviato del Padre, ma è una cosa sola con Lui. Ci immette nel cuore stesso del messaggio evangelico. Egli è venuto nel mondo come la luce vera che svela il mistero d'amore nascosto in Dio. Finalmente il Figlio ce lo ha rivelato: "Io non ho parlato da me stesso, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare". Gesù, esegeta di Dio, ci spiega l'amore del Padre. Il Creatore del cielo e della terra vuole la salvezza di tutti gli uomini, sono suoi figli. Chi ascolta le parole del Figlio si salva, mentre chi non le ascolta o le rifiuta sarà condannato. Si tratta di ascoltare e custodire la parola evangelica, ossia di accoglierla e di metterla in pratica, come disse al termine del discorso della montagna. Gesù parla per salvare, non per condannare. Egli non disprezza né il lucignolo che fuma appena e che rischia di spegnersi per un piccolo soffio né la canna incrinata che rischia da un momento all'altro di spezzarsi. La vera condanna infatti non viene dalla Parola di Dio, ma dalla poca fede che noi poniamo in essa: non crediamo che possa cambiare i cuori, che possa generare sentimenti e azioni nuovi. "Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno": più che una condanna è una constatazione. Infatti, se non accogliamo la Parola di Dio e non la rendiamo vita, come potrà egli guidarci, sanarci, renderci felici? Saremmo condannati ad ascoltare solo noi stessi e a restare prigionieri del nostro piccolo orizzonte. Mentre se ascoltiamo il Vangelo di Cristo veniamo introdotti nel mistero stesso di Dio: "Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me". C'è come una catena discendente di amore: il Padre comunica al Figlio la verità del suo amore, e il Figlio a sua volta la comunica a noi. Ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio e ci accostiamo alla Eucarestia veniamo accolti nel mistero della comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Signore si abbassa sino a noi per farci essere come Lui.