Vangelo (Mt 11,25-30) - In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. »Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Il Vangelo che abbiamo ascoltato continua il discorso di addio di Gesù ai discepoli. Egli sta per lasciarli, ma l'amore che ha per loro non termina. Dice loro: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, è colui che mi ama". È una affermazione che potrebbe apparire ovvia: seguire infatti l'insegnamento di qualcuno, in genere, è segno di stima e di apprezzamento. Gesù sottolinea però che per vivere il Vangelo non basta un rispetto formale, c'è bisogno di coinvolgersi con tutta la vita. E questo richiede l'amore di cui parla Gesù. Il Vangelo, che racchiude come in uno scrigno l'amore di Gesù, non propone una delle tante ideologie che di tempo in tempo guidano i comportamenti degli uomini. Il Vangelo contiene l'amore stesso di Gesù. Infatti, questo amore non è solo il motivo dell'osservanza dei comandamenti, ma la sostanza stessa dei comandamenti. Essere cristiani non significa appartenere ad una civiltà o ad una cultura, a un club o ad una qualsiasi organizzazione non governativa per quanto benemerita. Il Vangelo chiede di legare la propria vita a Gesù. Già l'Antico Testamento lo notava a proposito della sapienza: "La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. L'amore per lei è osservanza delle sue leggi" (6,12.18). Gesù continua dicendo che l'amore attrae anche il cuore del Padre che sta nei cieli e lui stesso si manifesterà a colui che lo ama. È l'esperienza spirituale che ciascun credente è chiamato a vivere. L'apostolo Giuda, uno dei dodici, di cognome Taddeo, gli chiede di manifestarsi a tutti e in maniera appariscente. Povero Giuda che ragiona ancora con le categorie messianiche comuni! Gesù non risponde direttamente alla domanda di questo Giuda, ma coglie l'occasione per chiarire cosa significa vederlo dopo la resurrezione: l'amore spinge a mettere in pratica il Vangelo e il discepolo diviene la dimora di Gesù e del Padre: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". Se manca l'amore, il Vangelo sarà una parola muta e gli uomini si ritroveranno soli con loro stessi, lontani da Dio, e in balia della forza cattiva e violenta del male. Gesù avverte i discepoli di questo pericolo e promette loro il Consolatore. Sarà il Padre stesso a effonderlo nei loro cuori. Lo Spirito li accompagnerà lungo la storia, insegnando loro ogni cosa e ricordando le parole di Gesù che sono l'eredità preziosa da trasmettere di generazione in generazione. Attraverso l'azione dello Spirito che ci aiuta a comprendere sempre più profondamente il Vangelo, il Signore continua ad essere presente in mezzo a noi e ad operare per il bene dell'umanità.