Vangelo (Mt 12,14-21) - In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di luie annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né grideràné si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
La guarigione di un uomo dalla mano paralizzata in giorno di sabato, porta a preparare un piano volto all’uccisione di Gesù. È l’invidia del male davanti al bene che non si pone limiti. Gesù se ne rende conto e si allontana ritirandosi in un luogo appartato. Non è per starsene tranquillo; infatti guarisce tutti i malati che gli vengono portati. Non vuole però apparire. Non è venuto tra gli uomini per essere lodato e ammirato. E, con una lunga citazione di Isaia, si presenta appunto come «servo», un servo buono, umile, mite; non come un uomo forte o un potente al pari dei potenti di questo mondo. La vera identità di Gesù e quindi del cristiano è quella che gli uomini fuggono, che pensano sconveniente, fallimentare. Eppure, il più grande si fa servo, perché solo così la vita degli uomini trova senso e futuro. Solo imparando a donare, a pensarsi per gli altri, a non avere paura di amare troviamo il nostro io. Questa è la via dell’umiltà. Non è buttarsi via. Anzi. La via del servizio ci rende utili, ci migliora, ci rende più forti nelle nostre debolezze, ci fa scoprire il bello che è sempre nascosto nel nostro prossimo.