Vangelo (Mt 25,14-30) - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. »Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". "Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due". "Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". »Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: "Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo". Il padrone gli rispose: "Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti"».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Oggi la Chiesa fa memoria di Giuseppe di Arimatea e di Nicodemo, personalità autorevoli e influenti che hanno incontrato Gesù nella loro vita e hanno ascoltato la sua predicazione. Ricordo di Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, uomo dell’ascolto della Parola di Dio, legato da una lunga amicizia alla Comunità di Sant’Egidio. Di Giuseppe è detto che era «membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio» (Mc 15,43). Di Nicodemo si ricorda l’incontro notturno con il maestro di Nazaret nel Vangelo di Giovanni e la sua domanda esistenziale: «Come può nascere un uomo quando è vecchio?» (Gv 3,4). Entrambi, in modo diverso, si sono lasciati interrogare dal Vangelo e sono divenuti i discepoli dell’ultima ora. Come nella parabola degli operai presi a giornata (Mt 20,1-16), essi si presentano a lavorare nella vigna quando ormai tutto sembra finito. Il sole era ormai al tramonto e la notte stava per avvolgere Gerusalemme. Con il sole si spegneva anche la luce della parola di quel maestro. Tutto sembrava ormai terminato con quella morte così vergognosa. Ma ecco che Giuseppe di Arimatea e Nicodemo trovano il coraggio di uscire allo scoperto: l’amore per il mae-stro li spinse a uscire e a chiedere il corpo di Gesù. In quella sera del venerdì, mentre la notte sembrava avvolgere tutto, quei due discepoli mostrano una luce che vince la paura e che manifesta la forza dell’amore.