09|06 A vino nuovo otri nuovi
09|06 A vino nuovo otri nuovi
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Lc 5,33-39) - In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

«Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio – dice Gesù –; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo». In tal modo si rovina il nuovo e non si ripara il vecchio. E in una successiva similitudine Gesù osserva che «nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti». Anche in questo caso il danno è duplice, sia per il vino che per gli otri. Le due immagini illustrano con molta efficacia la novità del messaggio evangelico: l’amore di Gesù non può essere contenuto negli schemi ritualistici propri dei farisei e neppure nell’atteggiamento esteriore di chi segue pratiche rituali ma resta con il cuore lontano da Dio e dagli altri perché ristretto al proprio io. Il Vangelo dell’amore ha una forza dirompente che non può essere contenuta dai nostri egocentrismi, dalle nostre pigrizie, dai nostri schemi puramente esteriori, dalle nostre formule con cui talora contrastiamo anche lo Spirito. Il dono di Dio richiede sempre un cuore nuovo, ossia un cuore che si converte, una mente che ascolta e si lascia guidare dalla sua Parola. L’ostinazione nelle proprie idee e nelle proprie tradizioni rende ciechi e freddi: fa amare più sé stessi che la novità del Vangelo, sino a dire, appunto, che «il vecchio è gradevole», ossia che si preferisce sempre il proprio io e le proprie abitudini alla novità del Vangelo. L’apostolo Paolo – proprio per sconfiggere la tentazione di fermarsi sulle proprie tradizioni – scriverà ai Galati: quello che importa è «l’essere una nuova creatura» (6,15). È da uomini nuovi che nascerà un mondo nuovo.