09|27 Tu sei il Cristo di Dio
09|27 Tu sei il Cristo di Dio
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Lc 9,18-22) - Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo —disse— deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

La professione di fede di Pietro segna un momento di svolta nelle narrazioni evangeliche: prepara l’inizio del viaggio di Gesù a Gerusalemme. Luca non specifica il luogo ove si svolge la scena (Marco e Matteo la situano a Cesarea di Filippo), ma la inserisce in un orizzonte di preghiera, scena che si ripete frequentemente nel terzo Vangelo. L’evangelista sembra voler descrivere il momento in cui la comunità cristiana si raduna per la preghiera comune: si tratta di un tempo indispensabile per vivere l’incontro personale con Gesù. In quella occasione Gesù chiede ai discepoli che cosa la gente pensi di lui. Gesù sente quel gruppo come la sua famiglia, come coloro che realizzano concretamente la sua predicazione. Per questo vuole conoscere che cosa anche loro pensino di lui. Ovviamente non è una questione di conoscenza superficiale, ma della conoscenza che sgorga dalla fede. Pietro, a nome di tutti, risponde: «Il Cristo di Dio». È una professione solenne. Davvero Pietro è il primo, colui che a nome di tutti professa la vera fede. Egli ci sta davanti perché ciascuno di noi risponda con le stesse parole alla domanda che Gesù continua a rivolgere anche a noi: «Ma voi, chi dite che io sia?». Non è una domanda astratta, come se ci trovassimo di fronte a un testo di catechismo. È Gesù stesso che chiede alla nostra mente e al nostro cuore di comprenderlo e amarlo come il nostro Salvatore, come colui che ci libera dal peccato e dalla morte. Il segreto sulla sua persona che Gesù impone ai discepoli non è per nascondersi, ma perché non vi siano equivoci sulla sua missione. Per questo è bene che la conoscenza sia graduale. La difficoltà per comprendere in profondità la sua missione emerge immediatamente quando aggiunge quale sarà la sorte che lo attende a Gerusalemme. Sappiamo dai brani paralleli dei Sinottici che Pietro reagisce negativamente a queste affermazioni di Gesù. Il messaggio di Gesù era chiaro: l’indispensabilità della croce per giungere alla risurrezione. È il mistero della vita di Gesù, di quella della Chiesa e dei discepoli di ogni tempo. La vittoria del bene sul male passa sempre per la via della croce.