08|11 Il pane disceso dal cielo
08|11 Il pane disceso dal cielo
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 6,41-51) - In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Gesù, nel discorso che tiene nella sinagoga di Cafarnao, applica a sé stesso il passaggio che narra l’invio della manna per nutrire il popolo di Israele nel deserto: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia». Come la manna fu la salvezza per il popolo d’Israele così è Gesù per gli uomini. Chi si lega a Gesù (chi mangia la sua carne) ha la vita eterna. Il Vangelo non dice «avrà», bensì «ha» la vita eterna, fin da ora, ossia riceve in dono la vita che non finisce (nel quarto Vangelo «vita eterna» è sinonimo di «vita divina»). La vita della Chiesa, come quella di ogni singolo credente, è sostenuta dal «pane disceso dal cielo». San Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia, afferma: «L’Eucaristia, presenza salvifica di Gesù nella comunità dei fedeli e suo nutrimento spirituale, è quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia» (n. 9). Già la vicenda di Elia prefigurava questo mistero. Il profeta, perseguitato dalla regina Gezabele, dovette fuggire. Dopo una fuga spossante, si accasciò stanco e triste desiderando solo la morte. Mentre le sue forze, soprattutto quelle dello spirito, venivano meno ecco un angelo del Signore scendere dal cielo, svegliarlo dal torpore in cui era caduto e dirgli: «Alzati, mangia!». Elia vide vicino alla sua testa una focaccia e la mangiò. Ma tornò a coricarsi. Fu necessario che l’angelo tornasse da lui per svegliarlo ancora, quasi a voler significare la necessità di essere sempre svegliati dall’angelo e di continuare a nutrirsi del «pane della vita». Insomma nessuno deve sentirsi autosufficiente, e quindi tutti sono sempre bisognosi del nutrimento. «Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb» (1Re 19,8). Il profeta fece il cammino del popolo d’Israele percorrendo tutto il deserto fino al monte ove Mosè aveva incontrato Dio. È l’immagine del pellegrinaggio di ogni comunità cristiana, di ogni credente. Il Signore Gesù, pane vivo disceso dal cielo, si fa nostro cibo per sostenerci nel cammino verso il monte dell’incontro con Dio.