Vangelo (Mt 18,1-5.10.12-14) - In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Gesù, terminato il ministero in Galilea, si appresta a salire verso Gerusalemme dove lo aspetta la morte e poi la risurrezione. L’evangelista nota che «in quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù» per chiedergli: «Chi, dunque, è più grande nel regno dei cieli?». È una domanda che manifesta la loro lontananza dal maestro. In verità, è una situazione che continua a ripetersi anche tra i discepoli di oggi: quante volte dimentichiamo il Vangelo perché preoccupati solo per noi stessi o per i nostri primati! Gesù non rispose subito con le parole; prese un bambino e lo mise «in mezzo», al centro della scena, e rivolto ai discepoli disse: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli». Con queste parole inizia il quarto lungo discorso di Gesù ai discepoli, ed è una splendida riflessione sulla vita della comunità cristiana. Già l’inizio è paradossale: il discepolo non è come un adulto, un uomo maturo, come noi avremmo pensato, ma un bambino, un piccolo bisognoso di aiuto, di sostegno, un figlio. Il discepolo è un figlio che deve restare sempre tale, ossia bisognoso del Padre per essere aiutato, custodito, accompagnato. E ai discepoli che facevano fatica a capire spiega che chi ha responsabilità deve comunque conservare la condizione di “figlio”, di bambino. Anzi, solo chi è figlio può essere anche padre nella comunità dei credenti. Nel regno di Dio si resta sempre e comunque figli. E Gesù mette in guardia dal disprezzare i discepoli, i piccoli: i loro angeli sono sempre di fronte a Dio. È a dire che Dio li protegge. Ed è su questa scia che si innesta la straordinaria parabola della pecora smarrita che Gesù narra per mostrare di che qualità è l’amore di Dio per i suoi figli. Egli fa l’impossibile perché nessuno dei suoi piccoli si perda.