Vangelo (Lc 6,39-42) - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Gesù continua il suo insegnamento esponendo una serie di massime di sapienza umana e spirituale che consegna ai discepoli. Le esprime nel linguaggio da “proverbi” perché siano comprese da tutti e possano ispirare concretamente i nostri comportamenti. L’immagine del cieco che non può guidare un altro cieco richiama tutti, e particolarmente chi ha una qualche responsabilità di guida, a saper tenere gli occhi aperti sul Vangelo, a essere attenti alla propria vita interiore, a vedere ciò che vi è di buono e di bello attorno a sé, altrimenti si è ciechi senza la possibilità di aiutare nessuno. Gesù ricorda poi che nessun discepolo deve pensare di essere superiore al maestro. È a dire che ogni discepolo, anche quando avrà fatto progressi nella sapienza, non deve cadere nella tentazione di non aver più bisogno di ascoltare il Vangelo. Semmai, il discepolo deve diventare lui stesso evangelico, ossia con gli stessi sentimenti che aveva Gesù: allora «sarà come il suo maestro». Non è facile considerare gli altri al di sopra di noi. Per questo il Vangelo insiste. E ci invita ad assumere un nuovo atteggiamento verso gli altri, quello dell’amore e non del giudizio. L’amore apre gli occhi del cuore per permetterci di vedere, di commuoverci e andare incontro agli altri con misericordia e umiltà.