09|14 Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio
09|14 Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 3,13-17) - In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

La memoria liturgica di oggi ricorda la vicenda del «serpente di bronzo» innalzato da Mosè nel deserto per salvare il popolo afflitto dai serpenti velenosi. Una condizione che richiama il pericolo e la precarietà della vita nei deserti di questo mondo e di questo tempo. Mosè, obbedendo al comando di Dio, innalzò un serpente di bronzo; chi lo avrebbe guardato non sarebbe morto. Era in verità una prefigurazione della croce. L’evangelista Giovanni lo scrive esplicitamente: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14). C’è bisogno ancora oggi di esaltare la croce, non come un patibolo, ma come memoria di ciò che Gesù ha sofferto e del punto a cui è giunto il suo amore per noi. L’abitudine a vedere l’immagine della croce ce ne ha fatto perdere il senso: non pensiamo più che era tra gli strumenti di supplizio più duri. Oggi nell’esaltare la Santa Croce si esalta appunto questo amore. Morendo sulla croce Gesù salva l’amore. Egli, come scrive l’apostolo nell’inno della Lettera ai Filippesi, iniziò il suo cammino verso la croce da quando non ritenne un privilegio l’essere come Dio. Per amore «svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo»; per amore «umiliò sé stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce». Il Padre stesso si è commosso per tale amore completamente disinteressato del Figlio al punto che «lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome».