Vangelo (Mt 11,28-30) - In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Sono pochi versetti, ma pieni di quella compassione di cui abbiamo ascoltato all’inizio della missione pubblica di Gesù. E noi dobbiamo essere la voce di Gesù, la sua Chiesa deve gridare alle folle del mondo l’invito di Gesù a venire sotto il suo manto. Gli uomini, al contrario, spesso allontanano chi è stanco e oppresso, lo lasciano solo, hanno paura di essere coinvolti, pensano subito alle loro difficoltà e sono loro stessi a sentirsi vittime. Con questo invito Gesù sancisce anche come un diritto al ristoro nella fatica, ad avere attenzione, sostegno, aiuto. Noi dobbiamo essere, con il nostro amore, quel sollievo per i tanti che sono oppressi dalla sofferenza, da condizioni di vita ingiuste, insopportabili. E il ristoro non è altro che Gesù stesso: riposarsi sul suo petto e nutrirsi della sua Parola. Gesù, e solo lui, può aggiungere: «Prendete il mio giogo sopra di voi». Il giogo di cui parla Gesù è il Vangelo, esigente e assieme dolce, appunto come lui. Il vero giogo è legarsi a lui. Non siamo liberi quando siamo slegati da tutti: finiremmo per essere prigionieri del giogo più pesante, quello del nostro io. Siamo liberi solo se ci leghiamo a colui che ci scioglie dai confini angusti del nostro io. Per questo aggiunge: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». Il mite e l’umile rendono, infatti, la vita più facile a chi hanno vicino, al contrario dell’arrogante, dell’irascibile, del superbo, dell’aggressivo, che vive male e fa male. Imparate da me: ossia divenite miei discepoli.