Vangelo (Gv 6,52-59) - In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Questa pagina evangelica ci fa entrare nella seconda parte del discorso che Gesù pronuncia nella sinagoga di Cafarnao sul pane della vita. Gli ascoltatori, quando le parole di Gesù chiedono il loro coinvolgimento nel mistero stesso di Gesù, lo interrompono e si mettono a mormorare contro di lui: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Si sentono sazi della vita che conducono. Anche se non è vero. Chi è sazio di sé non chiede, chi è pieno del proprio “io” non stende la mano. In verità, anche se fossimo sazi e circondati di beni, di cibo e di parole, avremmo comunque fame, di felicità, di amore, di attenzioni, di sostegno. Dovremmo imitare di più i poveri che stendono la mano per chiedere aiuto e lo fanno con insistenza. In una società che si crede sazia e consumista, ma in realtà è fragile e piena di paure, possono divenire i maestri per una nuova vita. Fanno emergere quel che noi siamo nascostamente: mendicanti di amore e di attenzione. Hanno fame i poveri, e non solo di pane, ma anche d’amore. Così noi. Gesù continua a dirci: «Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita». Per avere la vita non basta volere, non basta capire, è necessario mangiare, nutrirsi del Vangelo e dell’amore dei fratelli. Bisogna diventare mendicanti di un pane che il mondo non sa produrre e comunque non sa dare. A noi viene donata gratuitamente la mensa dell’Eucaristia, tutti possiamo pren-dervi parte. E ogni volta che vi partecipiamo anticipiamo il cielo sulla terra. Attorno all’altare troviamo ciò che ci sfama e ci disseta oggi e per l’eternità. E da questo cibo apprendiamo cos’è la vita eterna, quella che vale la pena essere vissuta: «Colui che mangia me vivrà per me». Per questo gli antichi Padri dicevano che i cristiani «vivono secondo la domenica», appunto, con la logica dell’Eucaristia, di Gesù che è venuto per servire e per far crescere l’amore tra gli uomini.