03|01 I vignaioli uccidono il figlio del padrone
03|01 I vignaioli uccidono il figlio del padrone
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mt 21,33-43.45-46) - In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: «Avranno rispetto per mio figlio!». Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: «Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!». Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi»? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Per coloro che ascoltavano questa parabola al tempo di Gesù era chiaro che la vigna rappresentava il popolo d’Israele e il padrone era Dio che la curava con incredibile amore. La parabola giunge al suo culmine quando arriva il tempo dei frutti e il padrone manda i servi a raccoglierli. La reazione dei vignaioli è violenta: appena i servi giungono vengono presi e uno bastonato, l’altro ucciso e l’altro lapidato. Il padrone, sconcertato per questa violenta reazione, ne invia altri. Ma anche questi subiscono la stessa sorte. Gesù fa una sintesi tragica della ricorrente storia dell’opposizione violenta (anche fuori della tradizione giudaico-cristiana) ai servi di Dio, agli uomini della parola (i profeti), ai giusti e onesti di ogni luogo e tempo, da parte di coloro che vogliono servire solo se stessi e accumulare ricchezze per i loro comodi. Ma il Signore – ed è questo il vero filo di speranza che salva la storia – non perde mai la pazienza. «Alla fine», dice Gesù, il padrone invia il figlio. Pensa tra sé: «avranno rispetto per mio figlio». Ma la furia dei vignaioli esplode ancora più feroce: afferrano quel figlio, lo portano fuori della vigna e lo uccidono. Queste parole descrivono alla lettera il rifiuto di accogliere Gesù non solo da parte delle singole persone ma della stessa città e dei suoi abitanti. Gesù, nato fuori della città di Betlemme, muore fuori di Gerusalemme. Egli, lucidamente e coraggiosamente, denuncia questa infedeltà che culmina con il rifiuto del Vangelo e la sua stessa crocifissione. Il Signore si attendeva i “frutti” dalla “vigna”, ma viene “ripagato” con l’uccisione prima dei servi e infine dello stesso suo Figlio. Dio però non si rassegna. Da quel Figlio sono arruolati nuovi vignaioli, i quali cureranno la vigna che porterà frutti nuovi e abbondanti. I nuovi vignaioli diventano un nuovo popolo. Il loro legame non è dato però dall’appartenenza al sangue o a vincoli esteriori, fossero anche “religiosi”, ma solo dall’adesione all’amore del Padre. L’evangelista continua a dirci che nessuno può rivendicare diritti di proprietà: tutto è dono dell’amore gratuito di Dio. Il nuovo popolo di Dio è qualificato dai “frutti” del Vangelo: ossia dalla fede che genera le opere della giustizia e della misericordia. In altre parole, i frutti coincidono con la fedeltà all’amore di Dio e al suo Vangelo. Come sta scritto: «Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo recide» (Gv 15,2); e ancora: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,16).