Vangelo (Lc 2,16-21) - In quel tempo, andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
La liturgia ci invita a guardare Maria per festeggiarla e venerarla come Madre di Dio. Sono passati sette giorni dal Natale. E la Chiesa, con questa festa, vuole che tutti noi guardiamo la madre di quel bambino. Certo – ed è bene sottolinearlo –, non la troviamo sola: Maria ha in braccio Gesù. I pastori, scrive il Vangelo, appena giunsero a Betlemme «trovarono Maria e Giuseppe e il bambino». È bello immaginare Gesù bambino non più nella mangia-toia ma tra le braccia di Maria. È tra le immagini più familiari e tenere del mistero dell’incarnazione. Nella tradizione della Chiesa d’Oriente è talmente forte il rapporto tra quella madre e quel figlio che non si trova mai un’immagine di Maria senza Gesù; lei esiste per quel figlio, suo compito è generarlo e mostrarlo al mondo. I pastori giunti alla grotta videro un bambino. E, «dopo averlo visto – potremmo dire, dopo averlo contemplato –, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro». In questa affermazione è racchiusa tutta la vita del cristiano. Se nella notte precedente furono gli angeli a parlare loro del bambino, non è difficile pensare che alla grotta fu Maria a parlare del Figlio ai pastori. Certamente glielo presentò. Senza di lei difficilmente avrebbero potuto comprendere quel mistero. Maria, che «custodiva tutte queste cose nel suo cuore», sapeva bene quale mistero era presente in quel bambino. Anche noi, come quei pastori, dobbiamo tornare nel nostro quotidiano glorificando e lodando Dio. È ormai una bella e quanto mai utile tradizione che il primo giorno dell’anno la Chiesa si riunisca in preghiera per invocare la pace. È come allargare al mondo intero, alla famiglia dei popoli la benedizione che si ascolta dal libro dei Numeri: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». C’è bisogno che il Signore allarghi il suo sguardo sui popoli della terra. All’inizio di questo anno bisogna raccogliere il canto degli angeli nella notte del Natale: «Sulla terra pace agli uomini, che egli ama». È la nostra preghiera e il nostro canto per questo inizio di nuovo anno. Lo Spirito del Signore scenda nei cuori degli uomini, sciolga la loro durezza; trasformi i cuori delle nostre città e allontani da esse l’odio, la sopraffazione, l’indifferenza; cambi il cuore dei popoli in guerra perché siano disarmati gli spiriti violenti e si rafforzino gli operatori di pace; trasformi il cuore di ogni uomo e di ogni donna perché si riscopra il volto dell’unico Dio, padre di tutti.