02|23 Riconciliarsi con il fratello
02|23 Riconciliarsi con il fratello
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mt 5,20-26) - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: «Non ucciderai»; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: «Stupido», dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: «Pazzo», sarà destinato al fuoco della Geènna. »Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Il brano evangelico di Matteo è parte del grande Discorso della montagna. Gesù ha appena detto che è venuto a completare, non ad abolire la legge. Non si estranea perciò dallo spirito che anima la legge, semmai vuole coglierne il pensiero profondo di Dio, il suo stesso cuore. La giustizia di cui parla Gesù, perciò, non consiste in calcoli egualitaristici esteriori, peraltro impossibili nella realtà, quanto nell’attuazione dell’amore senza limiti di Dio che in rapporto all’effettivo bisogno che ogni persona richiede. Non si tratta di un giudice che applica una norma, ma di una madre che aiuta a crescere un figlio. Per questo, Gesù aggiunge con una severa ammonizione: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Esser buoni alla pari dei farisei, vuol dire Gesù, vale lo stesso che esserlo per nulla. E lo spiega con parole che nessuno ha mai osato dire prima di lui e che nessuno ha udito se non dal Vangelo. Gesù non propone una nuova casistica, o una nuova prassi giuridica, bensì un nuovo modo di intendere i rapporti tra gli uomini. Egli svela il nodo cruciale che sostanzia il sentimento dell’odio dell’altro: è una forza distruttrice che porta a concepire l’altro come nemico e quindi un avversario da eliminare. L’odio inizia dalle piccole cose, come la rabbia che troppo spesso avvelena la società contemporanea. E, parole che sembrano innocue, come stupido o pazzo, portano a distruggere il tessuto sociale. Gesù afferma che solo l’amore è il compimento della legge e che solo nell’amore si può andare oltre l’inimicizia. Occorre, perciò, passare da un precetto in negativo (non adirarsi, non dire pazzo, non uccidere), alla positività dell’amicizia. L’amore è la forza nuova che Gesù è venuto a donare agli uomini perché innervi i rapporti tra loro. La forza delle relazioni umane è ciò che aiuta a ricostruire il futuro dell’umanità. E’ una dimensione centrale per Gesù: l’amore tra noi ha un valore così alto da richiedere, se manca, l’interruzione del culto a Dio. La “misericordia” vale più del “sacrificio”; il culto, come relazione con Dio, non può prescindere da un rapporto d’amore con gli uomini. Ed è l’amore che deve presiedere il nostro agire. Per questo Gesù, quando ci sono conflitti, consiglia di mettersi d’accordo piuttosto che andare in tribunale. Non si tratta solo della convenienza di non finire in prigione, ma di praticare uno stile fraterno. In questo modo non solo si supera la pura osservanza legale ma si crea quel modo solidale di vivere che rende stabile e bella la convivenza tra le persone e tra i popoli.