08|06 Festa della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor
08|06 Festa della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mc 9,2-10) - In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

La montagna della trasfigurazione, che la tradizione successiva identificherà con il Tabor, si pone come immagine di ogni itinerario spirituale. Possiamo immaginare Gesù che chiama anche noi per condurci con sé sul monte, come fece con i tre discepoli più amici, per vivere con lui l’esperienza della comunione intima con il Padre; un’esperienza così profonda da trasfigurare il volto, il corpo e persino i vestiti. Qualche commentatore suggerisce che il racconto narra un’esperienza spirituale che ha coinvolto anzitutto Gesù: una visione celeste che ha prodotto una trasfigurazione in lui. È un’ipotesi che ci permette di cogliere più al fondo la vita spirituale di Gesù. Talora si dimentica che anche lui ha avuto il suo itinerario spirituale, come il Vangelo stesso nota: «Cresceva in sapienza, età e grazia». Senza dubbio non mancavano in lui le gioie per i frutti del suo ministero pastorale, come pure furono presenti le ansie e le angosce su quale fosse la volontà del Padre (il Getsemani e la croce ne sono i momenti più drammatici). Insomma, per Gesù non era tutto scontato e programmato. Anch’egli ha sperimentato la fatica e la gioia di un cammino. Ci fu anche per lui la salita sul monte, come già per Abramo e poi per Mosè, per Elia e per ogni credente. È a dire che anche Gesù sentì il bisogno di “salire” verso il Padre, di incontrarsi con lui. È vero che la comunione con il Padre era il suo stesso essere, tutta la sua vita, il pane delle sue giornate, la sostanza della sua missione, il cuore di tutto ciò che era e che faceva; ma forse aveva bisogno anche lui di momenti in cui questo rapporto intimo emergesse nella sua pienezza. Certamente ne avevano bisogno i discepoli. Ebbene, il Tabor fu uno di questi momenti singolarissimi di comunione che il Vangelo estende a tutta la vicenda storica del popolo d’Israele, come testimonia la presenza di Mosè ed Elia che «discorrevano con lui». Gesù non visse da solo questa esperienza; coinvolse anche i suoi tre amici più intimi. Fu un momento tra i più significativi per la vita personale di Gesù e per i tre discepoli, ma lo può diventare anche per tutti coloro che si lasciano coinvolgere in questa stessa salita.