08|18 Il discorso sul pane di vita
08|18 Il discorso sul pane di vita
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 6,51-58) - In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Gesù, con il tema del banchetto, raccoglieva le pagine della Scrittura e le portava a compimento; egli afferma che il pane del banchetto è lui stesso, il suo corpo. «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Discutevano su cosa volesse intendere con queste parole. Il linguaggio di Gesù è molto concreto, sino a essere scandalosamente crudo. «La carne e il sangue» indicavano l’uomo intero, la persona, la sua vita, la sua storia. Gesù offre sé stesso ai suoi ascoltatori; potremmo dire, nel senso più realistico del termine, che si offre in pasto a tutti. Davvero Gesù non vuole conservare nulla per sé e offre tutt’intera la sua vita per gli uomini. L’Eucaristia, questo dono che il Signore ha lasciato alla sua Chiesa, realizza la nostra misteriosa e rea-lissima comunione con lui. Paolo con energia dice ai cristiani di Corinto: «Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?» (1Cor 10,16). Quante volte purtroppo si cede a quella stanca abitudine che peraltro priva coloro che si accostano all’Eucaristia di gustare la dolcezza di questo mistero d’amore. Un mistero d’amore così alto che deve far pensare a ciascuno di essere sempre e comunque indegno di riceverlo. È una verità che tanto spesso dimentichiamo. È il Signore che ci viene incontro; è lui che si avvicina a noi sino a farsi cibo e bevanda. L’atteggiamento con cui dobbiamo avvicinarci all’Eucaristia deve essere quello del mendicante che stende la mano, del mendicante di amore, del mendicante di guarigione, del mendicante di conforto, del mendicante di aiuto. Narrano le antiche storie che una donna si recò da un padre del deserto confessandogli di essere assalita da terribili tentazioni e che spesso ne era travolta. Il santo monaco le chiese da quanto tempo non faceva la comunione. Ella rispose che erano ormai molti mesi che non riceveva la santa Eucaristia. Il monaco le rispose dicendole più o meno queste parole: «Provi per altrettanti mesi a non mangiare nulla e poi venga a dirmi come si sente». La donna capì quanto le aveva detto il monaco e cominciò a fare regolarmente la comunione. L’Eucaristia è cibo essenziale per la vita del credente, è anzi la sua stessa vita, come Gesù stesso, chiudendo il suo discorso, afferma: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me».