09|21 Chiamata di Matteo
09|21 Chiamata di Matteo
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mt 9,9-13) - In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

In questo giorno in cui la Chiesa ricorda l’apostolo ed evangelista Matteo, rileggiamo il racconto della sua vocazione. La sua chiamata diventa occasione per aprire il nostro sguardo sulla misericordia del Signore. Un antico commentatore cristiano così ha scritto: «Vide un pubblicano e, guardandolo con misericordia lo scelse (miserando atque eligendo), gli disse: “Seguimi”. Gli disse “Seguimi”, cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita». Non a caso papa Francesco ha scelto come motto del suo pontificato proprio questa espressione: «Miserando atque eligendo». All’inizio della chiamata di Gesù c’è sempre la sua misericordia. E in virtù di questa scelta anche un pubblicano come Matteo può diventare discepolo e guida di altri. «Imparate cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio», dice Gesù. Il mondo sembra aver dimenticato cosa vuol dire questa parola: misericordia è il cuore che si fa vicino a ciò che è piccolo, e traduce il termine ebraico hesed, che indica l’alleanza e la solidarietà. Provare misericordia non è allora un atto di pietà ma di giustizia. Matteo sembra aver imparato subito cosa vuol dire questo, infatti apre le porte della sua casa e offre a Gesù e a quelli che sono con lui un banchetto. Ci sono anche i suoi amici e altri che il Vangelo chiama «peccatori»: erano persone disprezzate da tutti. Matteo comprende che non ci si salva da soli. Comprende che convertire la propria vita non vuol dire offrire un “sacrificio” formale, ma compiere gesti concreti che cambiano la vita e il cuore degli altri. Gesù non è scandalizzato dal peccato degli uomini, dalla loro debolezza, ma prende le distanze dal giudizio dei farisei, che alzano muri, creano distanze, tracciano frontiere che dividono gli uomini in puri e impuri, in buoni e cattivi, in sani e malati. «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati». Gesù spiega quindi qual è la sua missione: egli è venuto per aiutare e per guarire, per liberare e per salvare. Non è sceso dal cielo per giudicare, ma per insegnare agli uomini a fare come lui.