07|07 Gesù a Nazaret
07|07 Gesù a Nazaret
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mc 6,1-6) - In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

«Da dove gli vengono queste cose?», si chiedono gli abitanti di Nazaret dopo aver ascoltato Gesù. Certo, se avessero ricordato, tra le tante altre, le parole rivolte a Mosè: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto» (Dt 18,15). Se le avessero ricordate, avrebbero potuto comprendere che quelle parole venivano dal Signore. È in questo orizzonte che si colloca la fede: accogliere le parole della predicazione come parole autorevoli, importanti, per la propria vita. L’apostolo Paolo lo ricorderà ai romani: «La fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17). Ma gli abitanti di Nazaret non vollero ascoltare Gesù. Si fermarono a ciò che già conoscevano di lui. Scrive con tristezza l’evangelista: «Ed era per loro motivo di scandalo». Questo scandalo è lo scandalo dell’incarnazione. Il Signore, infatti, ha scelto di salvare gli uomini inviando il suo Figlio, il quale, «pur essendo nella condizione di Dio… svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,6). È il mistero che contempliamo dal Natale in quel bambino sin sul Golgota nel Crocifisso. Ed è anche lo scandalo della Chiesa – corpo di Cristo lungo la storia – che, pur con tutta la debolezza e pochezza, è inviata da Gesù per comunicare il Vangelo dell’amore sino ai confini della terra, nelle tante Nazaret di questo mondo. Dio non si serve di gente fuori dal comune, ma di uomini e donne che si affidano a lui; e non si presenta con prodigi o parole di orgoglio, ma con la semplice predicazione evangelica e con i miracoli della carità. Il Vangelo predicato e la carità vissuta sono il segno della presenza di Dio che agisce nella storia, che trasforma il mondo liberandolo dal male. Sappiamo bene quanto poco sia accolta dalla mentalità comune (di cui tutti siamo figli) questa logica evangelica. C’è sempre uno scarto tra il Vangelo dell’amore e la mentalità di questo mondo. Gesù a Nazaret ne ha fatto esperienza diretta. Per questo nota con amarezza: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». L’evangelista nota che Gesù a Nazaret non poté operare miracoli; non è che non volle, «non poté». I suoi concittadini avrebbero voluto che Gesù operasse prodigi che stupissero, ma non avevano capito che non si trattava di fare prodigi o magie al servizio della propria fama. Il miracolo è la risposta di Dio a colui che tende la mano e chiede aiuto. Nessuno di quelli che lo ascoltarono tese la propria mano. A Nazaret Gesù poté guarire solo alcuni malati: quei pochi che invocavano aiuto mentre egli passava. Mettiamoci anche noi accanto a quei malati che stavano fuori e che chiedevano aiuto al giovane profeta che passava. Saremo guariti assieme a loro.