Vangelo (Lc 23,33.39-43) - Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
L’apostolo Paolo ci invita a contemplare il futuro riservato ai figli di Dio: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi… E se siamo figli siamo anche eredi», scrive ai romani. E aggiunge: «Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi». La memoria di oggi schiude ai nostri occhi uno spiraglio di questa «gloria futura». Per noi che siamo ancora sulla terra, questa gloria dovrà venire; per i morti che hanno creduto nel Signore invece è già svelata. Essi abitano su quel monte alto ove il Signore ha preparato un banchetto per tutti i popoli. E su quel monte, il velo «che copre la faccia», ossia l’indifferenza che ci fa ripiegare su noi stessi, è stato strappato: i loro occhi contemplano il volto di Dio. Nessuno di loro versa più lacrime di tristezza, come scrive l’Apocalisse. E qualora nel cielo ci fossero lacrime, sono quelle di una dolce e tenera commozione senza fine. Oggi, con gli occhi del cuore, pensiamo i nostri cari nel cuore stesso di Dio, il “luogo” che già da ora abitiamo ma che si aprirà nella sua pienezza inimmaginabile quando vedremo Dio «faccia a faccia».
Certo, c’è una separazione tra loro e noi. Ma anche una forte unione. Non è visibile agli occhi del corpo, ma non per questo è meno reale. La comunione con i nostri defunti ci è svelata dal mistero insondabile dell’amore di Dio che tutti raccoglie e tutti sostiene. Questo amore di Dio è la sostanza della vita. Tutto passa, anche la fede e la speranza. Solo l’amore resta. È quanto il Signore Gesù ci dice nel brano evangelico odierno. L’unica cosa che conta nella vita è l’amore; l’unica cosa che resta di tutto quel che abbiamo detto e fatto, pensato e programmato, è l’amore. E l’amore è sempre grande; sebbene si manifesti in gesti piccoli come un bicchiere d’acqua, un pezzo di pane, una visita, una parola di conforto, una mano che stringe un’altra. E beati saremo noi se seguiremo le parole di questo Vangelo. Ci sentiremo dire al termine dei nostri giorni: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo», e la nostra gioia sarà piena.