Vangelo (Lc 1,39-45) - In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Il Vangelo della “visitazione” vuole come metterci fretta nel preparare il nostro cuore alla nascita di Gesù. L’evangelista, infatti, nota che Maria, dopo aver saputo dal-l’angelo che Elisabetta era incinta, «in fretta» corre da lei. In verità, il Vangelo mette sempre fretta. La Parola di Dio spinge infatti ciascuno a uscire dalle proprie abitudini, magari anche buone, per compiere quel che ci viene detto. Esorta altresì a non fermarsi sulle preoccupazioni e sui pensieri di sempre e chiede di uscire dal piccolo villaggio dei propri orizzonti per affrettarsi verso il giorno e il luogo della nascita di Gesù. Possiamo facilmente immaginare quante preoccupazioni avesse Maria in quei momenti, dopo che l’angelo le aveva sconvolto completamente la vita! Eppure, ella lasciò Nazaret per andare verso l’anziana cugina Elisabetta, incinta ormai da sei mesi, e che certamente aveva bisogno di aiuto. Non era facile per Maria, giovanissima, affrontare un viaggio così lungo. Dovette traversare «la montagna». È una notazione che porta a considerare la serietà di quell’impresa. Il Vangelo, in verità, fa sempre alzare dalle proprie abitudini stanche e spinge a recarsi accanto a chi soffre e a chi ha bisogno. Maria, da parte sua, si lasciò toccare il cuore dal bisogno di aiuto che la cugina aveva e, senza esitare, si recò da lei. Appena Elisabetta la vide venire a casa gioì fin nelle viscere. È la gioia dei deboli e dei poveri quando sono visitati dalle “serve” e dai “servi” del Signore, da coloro che hanno «creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Dalla bocca dei poveri sgorga la benedizione per tutti coloro che si recano con amore presso di loro. In quei momenti si realizza una vera e propria epifania dello Spirito Santo. Il sorriso dei poveri, infatti, è il sorriso di Dio; la loro gioia è quella stessa di Dio. Quell’abbraccio fra la giovane Maria e l’anziana Elisabetta sono l’icona dell’amore che i cristiani sono chiamati a donare al mondo.